Libero del 2 novembre 2007
La solidarietà del patron nerazzurro sul caso Bergonzi non mi convince.
di Luciano Moggi
La Gazzetta non finisce mai di stupire. Qualche giorno fa ha affrontato un tema di alto profilo, a giudicare da uno di quei titoli che ti dovrebbero colpire al cuore: “Umani come noi ”.
Ho cercato la chiave del pezzo, pensando che dovesse essere comunque elevata: sul caso si era scomodato di persona Verdelli, che di solito lascia ad altri la vetrina degli editoriali. “Umani come noi”- ho così scoperto – si riferiva a quei protagonisti del pallone che dall’Olimpo degli stadi scendono in terra per scusarsi con le loro tifoserie, come il caso dello Slavia Praga, battuto per 7-0 dall’Arsenal o – veniamo in casa nostra – le mani giunte di Dida, e anche le scuse di Ranieri a Cannavò che l’aveva rimbrottato per l’atteggiamento tenuto dal tecnico durante Juve-Genoa. Ed è qui che ho capito. Tutta l’impalcatura voleva semplicemente esaltare il “potere” della Gazzetta e la sua forza persuasiva.
La solita confusione tra “Calciopoli” e “Moggiopoli”
Cannavò bacchetta Ranieri, il tecnico si precipita a telefonargli per scusarsi e la Gazzetta dà ovviamente ampio risalto al pentimento dell’allenatore. Verdelli infine lo cita, nella maniera che ho detto, per dimostrare quello che la Rosea può fare. Come si suol dire, se la cantano e se la suonano. Naturalmente, però, Verdelli non poteva fermarsi a questi episodi. Il pezzo sarebbe stato gracile, ed eccolo rispolverare Calciopoli, che lui ha l’impudenza di chiamare ancora e solo Moggiopoli, il termine che la Gazzetta si è vantata di aver coniato e del quale comunque dovrà rispondere nelle sedi opportune. Verdelli ha già sbagliato a suo tempo, ha perseverato e ora si lamenta che “nei lunghi mesi dello scandalo non uno, tra protagonisti e comprimari, si è detto dispiaciuto”. Ma allora, caro Verdelli, se tante sono le persone coinvolte, come si giustifica l’esemplificazione sul nome del sottoscritto?
Tra l’altro è curioso che una precisazione sul perché di quel termine, Verdelli la diede in uno dei suoi (rari) editoriali. Doveva valere forse come scusa, come ognuno può capire. Poi è ripiombato nell’errore, lui, i suoi vice e i suoi opinionisti. Come sono solito dire, così va il mondo.
C’è stato un altro turno di campionato, con quel che segue (ritorno alla vittoria di Juve, Milan, Inter, conferma della Roma, prima vittoria del Livorno) ma i lettori mi scuseranno se torno sul guazzabuglio seguito agli errori di Bergonzi in Napoli-Juve. Credo sia giusto sottolineare che in questa vicenda…. tutti hanno sbagliato. Ha sbagliato il giudice sportivo in primo grado, infliggendo due giornate per una simulazione che non esisteva, ha sbagliato la Corte di Giustizia in secondo grado, annullando la squalifica. L’impressione, chiarissima, è che la sollevazione generale da parte di tutti sulla non equità di quella squalifica ha indotto la Corte a metterci una pezza, sostanzialmente creando un pateracchio e un pericoloso precedente. Poi ci si è messa anche la Corte di Giustizia, che ha bacchettato Tosel, reo di aver fatto considerazioni sulle valutazioni dell’arbitro e sul comportamento etico dei calciatori. Ma che bella famiglia! – mi verrebbe di dire – solo che la questione è più grave e dimostra l’inadeguatezza della nuova organizzazione federale. Tra coloro che hanno sbagliato c’è anche la Gazzetta, che si è pure distinta per gli alti livelli di contraddizione. Il solito Cannavò scrive che “il misfatto di Napoli appartiene a un mostruoso momento di incapacità”, ma subito dopo richiama il fattore a lui tanto caro, la buona fede dell’arbitro, “grande conquista – dice – rispetto a un ben noto passato”. L’opinionista non si accorge che i due concetti configgono e uno dei due c’entra come i cavoli a merenda: il Cannavò fa trenta, ma non arriva a trentuno. Scopre che è tutta una questione di capacità, che gli errori dipendono dal grado di fallibilità, ma poi imperterrito tenta ancora di propinarci la storiella della buona fede, buona per i gonzi. Tutto questo discende dal fatto che i teoremi sono duri a morire, specie se accompagnati dalla volontà di essere prevenuti. E che Cannavò guardi solo in determinate direzioni, può capirlo chiunque. La verità è semplice: la questione arbitrale è più grave di prima, l’operazione Collina è fallita, gli arbitri sbagliano come e più di prima e l’unica differenza è che prima si sapeva a chi dare la colpa, secondo teoremi accuratamente costruiti. Qualcuno dovrebbe vergognarsi.Da qualche tempo non leggevo di Moratti, ma eccolo qui, segno che i pedinatori puntualmente graziati, gli indossatori di scudetti altrui, i dirigenti dell’unica società sordomuta d’Italia (quanto a telefonate intercettate) sono vivi e vegeti, ancora determinati a prenderci in giro. Il presidente dell’Inter è solidale (?) con la Juve per gli errori di Bergonzi e dice : “La cosa importante è che non si veda dietro una trama come c’era invece precedentemente”. A cobolli Gigli dico di stare attento: non prenda per buone quelle attestazioni di (presunta) solidarietà. Moratti vuole prendere in giro la Juve e dietro il velo di solidarietà c’è sicuramente un sorriso di sberleffo. Al patron dell’Inter è chiaro (ma non lo dice) che se quest’anno sta vincendo (come l’anno scorso) ciò accade perché ha la squadra più forte con la ciliegina sulla torta di Ibrahimovic (quello che giocava….nella Juve). Per favore, basta con la confusione sui “valori in campo che allora erano sempre a favore della Juve, perché i bianconeri erano i più forti, mentre ora la più forte è l’Inter: i “teoremi”, i “disegni diabolici”, le “manovre” non c’entrano ora e non c’entravano in passato.
Le dichiarazioni dei nerazzurri e i pensieri di Cobolli Gigli
Un lettore mi parla di Cobolli Gigli e vi trova molta “incoerenza”. A suo parere quando gli si parla degli scudetti revocati, il presidente della Juve dà sempre risposte diverse. In una intervista a “Repubblica” parlò del “sacrificio necessario” avallando sostanzialmente – dice il lettore – lo scippo. Adesso, per fortuna, ha cambiato idea. Nel giorno dell’assemblea dei soci il patron si è fatto più prudente, sottolineando che quegli scudetti li sente suoi, li ha nel cuore. Perché questi pareri ondivaghi ? E’ chiaro, rispondo, che una spiegazione bisognerebbe chiederla all’interessato, però una spiegazione al fatto che lui è arrivato tardi a “sentire come suoi” quegli scudetti posso provare a darla. Quei trionfi non li ha vissuti, non li ha conquistati in prima persona e comprendo quindi come Cobolli Gigli debba sentirsi adesso: nell’occhio del ciclone. Ci sono comunque errori che non dovrà assolutamente ripetere, come quel richiamo insistente alla partitissima con l’Inter che potrebbe aver avuto il potere di distrarre la squadra dai due impegni inframmezzati con Napoli ed Empoli. Ora il presidente della Juve può e deve indirizzare tutti i suoi pensieri alla partita con l’Inter. L’Empoli è dietro le spalle, ma non c’entrano niente le rassicurazioni di Abete del giorno prima. Come ha osservato qualcun altro, direi a Cobolli di non sentirsi affatto rassicurato dalle rassicurazioni di Abete.E nel frattempo vinci Juve, vinci !
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