Benvenuti!

In difesa di 113 anni di storia e di gloria.
In difesa di 29 scudetti.

Perché la Juventus non è stata difesa.
Non è stata difesa da John Elkann. Anzi...
Non è stata difesa da Gabetti. Anzi...
Non è stata difesa da Grande Stevens. Anzi...
Non è stata difesa da Montezemolo. Anzi...
Non è stata difesa dal presidente Gigli. Anzi...
Non è stata difesa da Cesare Zaccone. Anzi...

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Astenersi Moratti, Borrelli, Guido Rossi e simili
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mercoledì 28 febbraio 2007

San Dulli - MAGAZINE BIANCONERO 10

Sono trascorsi ormai quasi 9 mesi da quel 7 maggio 2006 in cui è stato dato sostanzialmente il calcio d’inizio a Farsopoli. Allo Stadio Delle Alpi di Torino si giocava Juventus-Palermo, dopo una settimana di veleni per la pubblicazione delle prime INTERcettazioni sul giornalaccio rosa. Tre immagini di quel giorno sono scolpite nella memoria e nel cuore di tutti noi. La scelta di campo di Andrea Agnelli, sceso con orgoglio sul prato del Delle Alpi a fianco dei dirigenti scelti da suo padre nel lontano 1994 per rilanciare la Juventus e portarla sul tetto del mondo. Non a caso, la finale di Berlino del 9 luglio è stata definita Juve d’Italia contro Juve de France…Le lacrime di Roberto Bettega, vera bandiera bianconera. La dichiarazione ("siamo vicini alla squadra e all’allenatore") di chi ha deciso di cancellare, mentre la squadra stava lottando per conquistare il 29° titolo, dodici anni di trionfi e di gloria, dando il là agli eventi successivi. E sappiamo tutti fin troppo bene cos’è successo dopo quel 7 maggio. Le dimissioni forzate della Triade e la nomina del nuovo CDA, tanto ricco di comitati quanto povero di competenze calcistiche. La pena congrua. La retrocessione e la revoca dei due scudetti. L’assegnazione del Tavolino 2005/2006 al petroliere ambientalista, ad opera dei suoi due compagni di merende nerazzurre Rossi e Nicoletti. Ma c’è un’altra immagine di questi nove mesi che mi colpisce, forse ancora più delle precedenti. Tutte le volte che vado al Comunale, infatti, non posso fare a meno di voltarmi a guardare verso la tribuna. Le poltroncine riservate ad Allegra e Andrea Agnelli sono sempre li, malinconicamente vuote. Quelle poltroncine sono la "prova provata" (quella che Reperto e San Dulli non hanno mai trovato, ma forse neanche cercato) che i tempi sono purtroppo cambiati. Il passato oramai non si può più modificare (forse). Fare le vedove inconsolabili non serve a granché ed è quindi necessario pensare al futuro (anche se certe ferite sono comunque difficili da rimarginare). Tutti ci auguriamo, ovviamente, che il 2007 sia davvero l’anno della svolta e dell’orgoglio bianconero e che la Juve possa tornare al ruolo che storicamente le compete. Vincere. E da questo punto di vista i prossimi due mesi sono cruciali. Entro marzo, infatti, dovrebbe essere finalmente approvato il piano sportivo e concluso il contratto con il nuovo sponsor. E’ probabile (ed auspicabile) che venga proposto - e deliberato in tempi brevi - un congruo aumento di capitale. Questa è infatti una condizione imprescindibile per poter rafforzare la squadra e dare quindi un messaggio positivo ai campioni che stanno decidendo il loro futuro. Infine, il 18 aprile, data in cui l’UEFA assegnerà gli Europei 2012, si decide il destino del progetto per il nuovo stadio (da costruire al posto del montezemoliano Delle Alpi). Vedrò quindi le prossime partite al Comunale con un occhio rivolto al futuro. Solo uno, però (e neanche troppo fiducioso). L’altro sarà sempre rivolto verso quelle due poltroncine vuote. Con la speranza che Allegra ed Andrea Agnelli tornino ad occupare i loro posti allo stadio. Solo così, voltandomi verso la tribuna, avrei finalmente la certezza che l’incubo è davvero finito.

Pubblicato su MAGAZINE BIANCONERO nr. 10 del 28/2/07

Plusvalenze, uno scandalo tutto italiano. Cosa sarebbe accaduto senza il decreto salvacalcio? Il Mago di Ios

Con il decreto salva – calcio, il legislatore ha consentito alle società (sostanzialmente tutte, tranne Juventus e Sampdoria) di manipolare per l’ennesima volta i bilanci, nascondendo gli effetti contabili generati dallo scoppio della bolla speculativa delle plusvalenze fittizie ed evitando l’adozione immediata dei provvedimenti previsti dagli articoli 2446 e 2447 del codice civile. L’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) ha espresso un giudizio fortemente critico sul decreto, precisando che "la norma in questione costituisce una deviazione dai principi generali della disciplina del bilancio di cui agli articoli 2423 e seguenti del codice civile, nonché dal disposto delle direttive contabili comunitarie. Inoltre, essa non è in linea con i principi contabili nazionali e con i principi contabili internazionali". Il decreto salva – calcio è stato comunque bocciato dalla Commissione Europea, che lo ha giudicato in contrasto con le direttive contabili e con la normativa sugli aiuti di stato. Per effetto di questa bocciatura, le norme incriminate sono state abrogate e le società di calcio - che nel bilancio 2003 avevano svalutato il parco giocatori, contando di poter spalmare l’effetto economico della svalutazione su dieci anni - si trovano a dover invece "scaricare" a conto economico l’importo residuo della svalutazione entro giugno 2007. "Nell’ultimo bilancio [cioè, quello al 30 giugno 2006], l’Inter ha stanziato 111,8 milioni di ammortamenti per assorbire il 35% della svalutazione calciatori fatta con la legge salvacalcio (per 319,4 milioni totali). Dovrà assorbire i residui 111,8 milioni con il bilancio corrente, al 30 giugno 2007" (Gianni Dragoni, Il Sole 24 Ore del 10 gennaio 2007). E nella medesima situazione si trovano anche Milan, Roma e Lazio. Come fare ad assorbire questi costi straordinari, senza dover mettere mano al portafoglio per coprire le perdite e ricapitalizzare la società? Semplice. Con delle altre plusvalenze fittizie. E’ cambiato solo l’asset su cui realizzare la plusvalenza. Dai calciatori ai marchi. E anche questa volta il petroliere ambientalista è riuscito ad essere un assoluto protagonista. L’Inter, infatti, ha ceduto il proprio marchio alla società Inter Brand (controllata al 100%) realizzando una plusvalenza (fittizia, ça va sans dire) di 158 milioni di euro. Il Milan questa volta ha superato, seppure di poco, i cugini, rilevando una plusvalenza di 186 milioni di euro sulla cessione del marchio alla propria controllata Milan Entertainment. Leggermente inferiori (ma comunque significativi), invece, i "risultati" ottenuti dalla Roma (127 milioni di plusvalenza) e Lazio (95 milioni). Ma la storia della contabilità creativa delle società di calcio non finisce certo qui. Le dichiarazioni di Matarrese della scorsa settimana ("la situazione dei bilanci è catastrofica, ci sono tanti club in difficoltà e stiamo pensando a come modificare i parametri della Covisoc per evitare i problemi che potrebbero venire a crearsi con le iscrizioni") fanno intravedere nuovi sviluppi "creativi".

Pubblicato su MAGAZINE BIANCONERO nr. 10 del 28/2/07

mercoledì 21 febbraio 2007

San Dulli - MAGAZINE BIANCONERO 9

Poco più di nove mesi fa iniziava Farsopoli, con le prime INTERcettazioni pubblicate sul giornalaccio rosa. In questo periodo abbiamo avuto la fortuna di conoscere un caravanserraglio di personaggi che, a vario titolo, si sono occupati dei progetti “Juventus in Serie B” e “Tavolini in Via Durini”. Conigli di amministrazione, reperti giuridici, santi patroni, onesti spioni, carimastici leocani. Ma in questo circo barnum di personaggi in cerca di autore, ci sono alcune figure che spiccano. Guido e Paolo, massimi esponenti del cupolone interista in federazione. E Giovanna.
Guido è, ovviamente, Guido Rossi, ovvero il Pallone (gonfiato) Nerazzurro. Nei pochi mesi di permanenza al vertice della FIGC, oltre ad aver trascinato gli azzurri alla conquista del Mondiale, ha portato a termine i due progetti che gli erano stati affidati (da chi?). La Juventus, infatti, nonostante la strenua ed indefessa difesa dell’Avv. Zaccone (Patteggialo, per gli amici), è in Serie B, con il palmares (ed il portafoglio) alleggerito. Mentre l’Inter si appresta a vincere il secondo Tavolino della sua storia. Ed è solo un caso fortuito che l’Inter e Moratti occupino una parte importante del cuore di Guido Rossi. “La sua passione per lo sport e l’amicizia personale con Massimo Moratti lo portano a ricoprire per quattro anni la carica di consigliere nel Consiglio d’Amministrazione dell’Inter” (http://www.wikipedia.it/). Milly Moratti, moglie del petroliere più ambientalista che ci sia, descrive Rossi come un tifoso interista “passionale, tutt’altro che compassato. Ricordo un gol importante dell’Inter e ho in mente la sua reazione: si alzò e baciò e abbracciò mio marito Massimo”. De gustibus…
Paolo è Paolo Nicoletti, ovvero il Vice-Pallone (gonfiato) Nerazzurro. Allievo prediletto e collaboratore in passato di Guido Rossi, è stato vice-commissario della FIGC da metà 2006 fino allo scorso settembre, quando si è dimesso assieme al suo nume tutelare. Nicoletti è stato anche avvocato dell’Inter in alcune occasioni calde. “Le cronache dell’estate ‘97 ricordano il complicato lavoro per portare a Milano il «Fenomeno» Ronaldo, un trasferimento da 52 miliardi al quale lavora anche Paolo Nicoletti, allora alle dipendenze dello studio Rossi” (Corriere della Sera del 17 maggio 2006 e del 10 febbraio 2007). Ed infatti, nel luglio 1997 la delegazione nerazzurra alla riunione di Zurigo - convocata dalla FIFA per dirimere la querelle tra Inter e Barcellona sul trasferimento di Ronaldo – comprendeva anche gli avvocati Guido Rossi e Paolo Nicoletti (Corriere della Sera del 21 luglio 1997). Non è dato sapere se Nicoletti abbia mai baciato ed abbracciato Massimo Moratti. Ma comunque è un assiduo frequentatore della tribuna Vip di San Siro quando giocano gli onesti.
Giovanna, infine, è Giovanna Melandri, ovvero la Ministra Riscaldata (come è stata definita da un arguto giornalista). La sua (in)competenza è pari solo alla sua (in)tolleranza. Dopo aver starnazzato a più riprese per la presenza di Moggi in televisione (al pari di Severgnini, anima candida e nerazzurra), ha chiesto (ed ottenuto) l’esclusione di Maurizio Zamparini – che aveva osato criticarla - dalla puntata di Porta a Porta del 5 febbraio scorso (dedicata ai tragici fatti di Catania). Infine, l’apoteosi keniota. Probabilmente ancora sotto choc per il delicatissimo coro con cui era stata accolta negli spogliatoi dai campioni del mondo (a proposito, cosa cercava negli spogliatoi?), ha giurato e spergiurato di non aver mai frequentato la Maison Briatore in quel di Malindi. Ma è stata sbugiardata dal settimanale “Chi”, che ha pubblicato alcune foto che ritraggono la nostra Ministra Delle Balle impegnata in danze sfrenate. A Malindi. A Capodanno. Da Briatore.

Pubblicato su MAGAZINE BIANCONERO nr. 9 del 21/2/07

Il calcio gonfiato andrebbe sanzionato. Il Mago di Ios

La bolla speculativa delle plusvalenze fittizie ha gonfiato a dismisura il valore contabile del parco giocatori delle società di calcio, generando oneri per ammortamenti crescenti e, alla lunga, insostenibili. Questo circolo vizioso ad un certo punto si è interrotto e le società si sono trovate a dover necessariamente svalutare il costo dei giocatori, ormai iscritti in bilancio a valori completamene irrealistici.
In base alle ordinarie regole di contabilità, questa svalutazione – frutto, si badi bene, delle plusvalenze creative degli anni precedenti - avrebbe dovuto essere imputata a Conto Economico, con un conseguente impatto drammatico sul risultato d’esercizio e sul patrimonio netto delle società coinvolte. Si tratta di un aspetto particolarmente delicato. Infatti, l’art. 2447 del codice civile dispone che quando il patrimonio netto scende, per effetto di perdite, al di sotto del minimo legale, la società deve essere necessariamente ricapitalizzata. L’alternativa è la messa in liquidazione.
Il famoso decreto salva-calcio ha dato un’ennesima, anche se temporanea, boccata di ossigeno alle società di calcio, consentendo di spalmare la svalutazione su dieci anni. La maggior parte delle società di Serie A ha approfittato di questo decreto, svalutando il proprio patrimonio calciatori nel bilancio al 30 giugno 2003.
Ora, tutte le società che hanno utilizzato il decreto salva-calcio avrebbero avuto, in assenza dell’agevolazione contabile prevista dal decreto, un patrimonio netto negativo (con l’unica eccezione della Lazio, che era già sott’acqua anche pre-decreto…). Un patrimonio netto negativo (quindi, per definizione al di sotto del minimo di legge) avrebbe determinato automaticamente l’applicazione dell’art. 2447 del codice civile, imponendo ai soci una “indigesta” ricapitalizzazione.
L’importo delle svalutazioni effettuate ai sensi del decreto salva-calcio è davvero impressionante. E rende bene l’idea di come la pratica delle plusvalenza fittizie avesse raggiunto livelli folli. L’Inter, con 319,3 milioni di euro, primeggia nel campionato delle svalutazioni (un altro titolo vinto meritatamente dagli onesti di Via Durini). Ma anche le altre big si sono difese egregiamente. Milan: 242 milioni di euro. Lazio: 191,6 milioni di euro. Roma 133,6 milioni di euro.
Il decreto salva-calcio ha reso particolarmente interessanti, sotto il profilo del maquillage di bilancio, la vendita dei giocatori svalutati. Infatti, la svalutazione viene ripartita su dieci anni, mentre la plusvalenze realizzata sulla cessione è rilevata subito ed integralmente a Conto Economico. Anche in questo caso, la società di Via Durini si rivela imbattibile. La vicenda di Crespo, infatti, è molto istruttiva. Il valore contabile dell’attaccante argentino nel bilancio dell’Inter al 30 giugno 2002 era di 38 milioni di euro. L’anno successivo, la società del petroliere ambientalista si è avvalsa, come visto in precedenza, del decreto salva-calcio. Il valore di Crespo è stato portato da 38 a 4,45 milioni di euro, con una svalutazione quindi di oltre 33 milioni (da ripartire su dieci anni). Pochi mesi dopo, Crespo viene ceduto al Chelsea per 24 milioni di euro, con conseguente maxi-pusvalenza di quasi 20 milioni… Anche con Cannavaro gli onesti di Via Durini hanno utilizzato il medesimo schema, svalutando il calciatore per poi cederlo (alla Juventus, nell’ambito del famoso scambio alla pari con Carini) con una meritata plusvalenza.
E la Juve dei diavoli Moggi e Giraudo? Non si è avvalsa (così come la Sampdoria) del decreto salva-calcio. Per un motivo molto semplice. Non avendo sostanzialmente partecipato al campionato delle plusvalenze fittizie, la società non si è trovata a dover “fronteggiare”, a differenza di altre squadre dalla specchiata onestà, un parco giocatori contabilmente dopato.

Pubblicato su MAGAZINE BIANCONERO nr. 9 del 21/2/07

mercoledì 14 febbraio 2007

San Dulli - MAGAZINE BIANCONERO 8

esperienza italiana ed inglese a confronto".
E’ il titolo di un convegno che si è tenuto a Roma a fine settembre 2005, organizzato dall’Ambasciata britannica e dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC). L’obiettivo principale del convegno era "quello di accrescere in Italia, sulla scia del confronto con l’esperienza maturata in Inghilterra, la conoscenza e la consapevolezza tra i dirigenti sportivi, gli addetti ai lavori, ma anche gli organi di informazione e il grande pubblico del calcio, sulle più efficaci modalità di intervento contro il fenomeno della violenza negli stadi". Geoffrey Thompson, Presidente della Football Association, nel suo discorso di apertura ha illustrato le azioni intraprese in Inghilterra dopo la strage dell’Heysel e la conseguente esclusione dei club inglesi dalle competizioni europee per un periodo di cinque anni. Le misure adottate in Inghilterra hanno consentito nel tempo di ridurre la violenza dei cosiddetti hooligans (in patria, perché quando vanno in trasferta spesso e volentieri si scatenano). Sono stati riconosciuti come reati diversi comportamenti pericolosi per la sicurezza negli stadi. Entrare allo stadio in stato di ebbrezza; gettare oggetti in campo o verso i settori destinati al pubblico; invadere il campo di gioco; intonare canti razzisti; praticare il bagarinaggio. Coloro che si rendono responsabili di reati connessi ad una partita di calcio ricevono un ordine di espulsione dagli stadi, per un periodo variabile di tempo, e devono presentarsi ad un comando di polizia in concomitanza con ogni partita disputata dalla propria squadra. Ogni club deve garantire la presenza di un responsabile per la gestione della sicurezza negli stadi, steward professionali, telecamere a circuito chiuso ed un sistema integrato di video controllo e radiocomunicazione tra il centro operativo, gli steward e la polizia sugli spalti, che consenta un intervento immediato in caso di necessità. E, ovviamente, tutti i posti devono essere a sedere. Come si vede, le misure adottate in Inghilterra non sono molto diverse dai provvedimenti d’urgenza che vengono periodicamente approvati in Italia. Ci sono però alcune fondamentali differenze. In Gran Bretagna le regole vengono applicate con rigore. Noi invece siamo il Paese delle deroghe e delle proroghe: tolleranza zero a parole, casa di tolleranza nei fatti. In Inghilterra hanno una cultura sportiva che da noi manca completamente. E non soltanto tra i tifosi. Si pensi alla violenza verbale che contraddistingue le tramissioni e i giornali sportivi. L’Italia è infatti il Paese delle moviole, dei Pistocchi e dei Cannavò, degli Zuliani e dei Franco Rossi. Last but not least, come direbbero gli hooligans inglesi, da noi è completamente assente il rispetto per le istituzioni. Tant’è che negli stadi non mancano mai i cori contro la polizia ed i carabinieri, ma i soloni "televisivi o cartacei" non se ne curano. Difficile comunque instillare nei tifosi il rispetto per le forze dell’ordine quando in Parlamento c’è una sala intitolata a Carlo Giuliani…

Pubblicato su MAGAZINE BIANCONERO nr. 8 del 14/2/07

Plusvalenze fittizie, un malcostume italiano - Il Mago di Ios

Ad onor del vero, il fenomeno delle plusvalenze incrociate e fittizie non riguarda solo Milan ed Inter. Anche Roma, Lazio e Parma sono state infatti assolute protagoniste del sistema. Nell’estate del 2001, Roma e Parma stabiliscono un canale privilegiato, scambiandosi sei giocatori – Sergej Gurenko, Amedeo Mangone e Paolo Poggi (da Roma a Parma); Saliou Lassisi, Raffaele Longo e Diego Fuser (da Parma a Roma) – per una plusvalenza di circa 50 miliardi (del vecchio conio) a società. L’anno successivo, la Roma farà ancora di meglio, realizzando una plusvalenza di circa 95 milioni di euro grazie alla cessione di 20 giovani e sconosciuti calciatori a società di secondo piano (Ancona, Cagliari, Cittadella, Cesena, Cosenza, Lecce, Livorno, Messina, Napoli, Palermo, Piacenza, Reggiana, Salernitana e Torino). Trattandosi di plusvalenze necessariamente incrociate, la Roma ha contestualmente acquistato dalle medesime società, ad un prezzo equivalente a quello incassato, altrettanti giocatori sconosciuti. Ugualmente proficui sono stati gli affari tra Lazio e Parma. Nel corso degli anni, infatti, le due società hanno concluso operazioni per centinaia di milioni di euro, scambiandosi giocatori del calibro di Veron, Crespo, Almeyda e Conceiçao. Tutte queste operazioni incrociate sono evidentemente volte solo ad evidenziare plusvalenze fittizie che consentano di "puntellare" bilanci che altrimenti avrebbero dovuto esporre perdite di importo tale da comportare l’applicazione degli articoli 2447 e 2448 del codice civile (con la necessaria ricapitalizzazione della società da parte degli azionisti, pena la messa in liquidazione). Il miglioramento dei conti economici, tuttavia, è solo apparente, perché ad una plusvalenza fittizia si accompagnano sempre maggiori costi (ammortamenti) futuri. In altri termini, gli scambi incrociati, pur consentendo di gonfiare i risultati di bilancio nell’esercizio di realizzazione dell’operazione, hanno determinato il cumularsi nel corso degli anni successivi di crescenti pesanti oneri per ammortamenti. Con la conseguente necessità di generare in continuazione nuove plusvalenze per assorbire questi maggiori costi. E’ una sorta di circolo vizioso, di bolla speculativa destinata a scoppiare. Ed infatti ad un
certo punto il sistema è diventato insostenibile. Ed il legislatore è prontamente intervenuto, approvando il famoso decreto "salva calcio" per consentire alle società di imbellettare ancora una volta i bilanci in deroga alle ordinarie regole di contabilità.

Pubblicato su MAGAZINE BIANCONERO nr. 8 del 14/2/07

mercoledì 7 febbraio 2007

San Dulli - MAGAZINE BIANCONERO 7

Mi chiamo Brunelli. Simone Brunelli. E, a differenza di Piano (anzi,
Fermo) Industriale, esisto davvero. Eccomi. In carne, ossa e plusvalenza.
Che mestiere faccio? Sono (anzi, ero) un calciatore. Portiere, per la precisione. Guadagno 2500 euro al mese (sino al 2008). Giocavo nella primavera del Milan. Ma poi, qualche anno fa, sono stato ceduto ai cugini dell’Inter. Sono due società fantastiche. Molto organizzate. E coccolano i loro giocatori. Pensa, non ti disturbano neppure quando serve la tua firma su un contratto. Fanno tutto loro. Firme e controfirme. E poi ti spediscono
i contratti direttamente a casa. Non è una leggenda metropolitana. E’
la realtà. Nell’estate del 2003, mentre io mi godevo le vacanze in Sardegna, a Milano hanno sistemato tutte le carte per il trasferimento. Senza rompermi le scatole. Non una telefonata. Non un’email. Neanche la rottura di dover aprire una missiva o un telegramma. E non hanno disturbato neppure il mio procuratore. Dei veri professionisti. Quando sono tornato a casa ho trovato nella buca delle lettere tutti i contratti già firmati da me. Il rinnovo con il Milan. La cessione all’Inter. E il nuovo accordo con la società di Via Durini.
Se sono stato strapagato? Non penso proprio. L’Inter ha pagato il mio cartellino tre milioni di euro. Una bazzecola per il petroliere più ambientalista che ci sia. Solo milleduecento volte il mio stipendio mensile. Solo cento volte il mio stipendio annuale. E’ un prezzo di mercato.
Anzi, secondo me l’Inter ha fatto un affare. D’altronde, non sono dei fessi.
Mangiano pane e volpe a colazione. E te lo posso anche dimostrare. Molto
facilmente. Conosci Marco Varaldi? E’ un portiere, come me. E’ bravo, come me. E’ famoso, come me. Ha più o meno la mia stessa età. E nel giugno 2003 è stato ceduto dall’Inter al Milan. Per 3,5 milioni di euro. Ben mezzo milione di euro in più di quanto sono costato io. Come volevasi dimostrare.
Se ho mai giocato nell’Inter? No, certo che no. Mi hanno subito girato in prestito alla Pro Sesto, per farmi fare (giustamente) esperienza. Al secondo allenamento però mi sono fatto male alla spalla. Poi, sono passato alla Vis Pesaro. Sempre in prestito. Ma la spalla ha continuato a dare problemi. Mi sono dovuto operare più volte. Probabilmente non potrò più tornare a giocare. Ma anche qui l’Inter si è dimostrata una grande società. Mi hanno lasciato libero di scegliere e pagare i migliori medici. Non hanno fatto alcuna pressione.
Se ho mai vinto qualcosa? Si, certo. Un Viareggio con la primavera del Milan. E poi, la scorsa estate, il Tavolino dell’Onestà con l’Inter. E’ il titolo di cui vado più orgoglioso. Dovevi vedere com’era contento il presidente.
Quando ha vinto il Tavolino ha chiamato ad uno ad uno tutti i giocatori.
Me compreso. Era con sua sorella Bedy. Urlavano a squarciagola. “Solo noi. Solo noi. Il Tavolino l’abbiamo noi”. E poi “Guido Rossi alè alè, Guido Rossi alè alè”. Sono contento per lui. Se lo merita proprio. Con tutte le plusvalenze che ha dovuto fare. Con tutti i passaporti che ha dovuto rinnovare. Con tutte le patenti che ha dovuto riciclare. Con tutti i marchi che ha dovuto cedere. Con tutte le persone che ha dovuto pedinare. E’
il giusto riconoscimento.
Ti lascio. Mi è scaduto il passaporto. E devo andare in sede a ritirare il nuovo documento. Ha fatto tutto Oriali. E anche in questo caso, non ho dovuto firmare nulla. Ah, che grande società.

Pubblicato su MAGAZINE BIANCONERO nr. 7 del 7/2/07

Plusvalenze di sera, bel tempo si spera

La cessione di Tizio per acquistare, ad un prezzo sostanzialmente equivalente, la fotocopia Caio è il meccanismo più semplice, dal punto di vista concettuale, per realizzare una plusvalenza ed “imbellettare” così il bilancio. Questo sistema, tuttavia, presenta alcune pecche. Innanzitutto, per massimizzare “l’effetto plusvalenza” è necessario cedere un giocatore
importante, che abbia un’elevata quotazione di mercato ma un basso valore
contabile (perché acquistato a poco o perché quasi completamente ammortizzato). E già questo requisito rappresenta di per sé un ostacolo. Soprattutto per una squadra come l’Inter del petroliere ambientalista, che spesso e volentieri ha comprato bidoni a caro prezzo. Non bisogna neppure trascurare un altro aspetto. Se non si vuole impoverire la rosa, Tizio deve essere sostituito con un giocatore di pari valore. Quindi, un giocatore
costoso, con il conseguente impatto in termini di maggiori ammortamenti
futuri (ma questa è un circolo vizioso comune a tutti i sistemi di generazione delle plusvalenze contabili). E poi, sotto il profilo prettamente sportivo, questa sostituzione potrebbe anche non essere “digerita”, con un conseguente impatto negativo sull’economia della squadra.
Con il meccanismo degli scambi incrociati viene risolta buona parte dei problemi. Non è più, infatti, necessario avere in rosa un giocatore “plusvalente” (vale a dire, con elevato valore di mercato e basso valore
contabile). La plusvalenza, infatti, viene realizzata in un altro modo. Gonfiando, artatamente ed in modo spropositato, il valore dei giocatori scambiati. L’operazione, quindi, può essere effettuata con qualsiasi giocatore in rosa. Di solito, si tratta di calciatori di medio livello. Se non,
addirittura, di veri e proprio sconosciuti. Riducendo così anche il rischio di “crisi di rigetto”.
Un esempio concreto vale più di mille parole. Nell’estate 2002, Francesco Coco è stato ceduto dal Milan all’Inter per 29 milioni di euro (circa 56 miliardi del vecchio conio). Contemporaneamente, l’Inter ha venduto
Seedorf per la stessa cifra al Milan. Le due squadre si sono così assicurate una congrua plusvalenza, senza alcun impatto finanziario (perché i crediti e debiti reciproci si compensano). Anche per i calciatori non è cambiato granché. Coco, in particolare, ha continuato a frequentare il privé dell’Hollywood. E’ appena il caso di notare come, nello scambio tra cugini, il Milan abbia comprato un buon giocatore, rifilando un bel bidone
all’Inter. D’altronde, la competenza non si trova sugli scaffali del supermercato.
Francesco Coco, Andrea Pirlo, Clarence Seedorf, Andrés Guglielminpietro, Dario Simic, Cyril Domoraud, Christian Brocchi. Tutti questi giocatori hanno un comun denominatore. Hanno cambiato squadra, restando sempre a Milano e lasciando in eredità una consistente plusvalenza.
Nell’estate del 2003, le due società meneghine hanno concluso un altro mega-scambio incrociato di giocatori. I rossoneri hanno ceduto ai nerazzurri Simone Brunelli, Matteo Deinite, Matteo Giordano e Ronny Toma. In cambio, i nerazzurri hanno dato ai rossoneri Salvatore Ferraro, Alessandro Livi, Giuseppe Ticli e Marco Varaldi. Il prezzo pattuito per ciascun “quartetto” è stato di circa 14 milioni di euro. Non male per dei giocatori sconosciuti.

Pubblicato su MAGAZINE BIANCONERO nr. 7 del 7/2/07