Benvenuti!

In difesa di 113 anni di storia e di gloria.
In difesa di 29 scudetti.

Perché la Juventus non è stata difesa.
Non è stata difesa da John Elkann. Anzi...
Non è stata difesa da Gabetti. Anzi...
Non è stata difesa da Grande Stevens. Anzi...
Non è stata difesa da Montezemolo. Anzi...
Non è stata difesa dal presidente Gigli. Anzi...
Non è stata difesa da Cesare Zaccone. Anzi...

Per contribuire al blog, scrivete a ilmagodiios@gmail.com

Astenersi Moratti, Borrelli, Guido Rossi e simili
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martedì 25 dicembre 2007

Auguri


Auguri a tutti gli ju29ri

Auguri a giùlemanidallajuve

Il delirio di Rien ne va plus


Rien ne va plus (nella foto, a fianco delle sue palle migliori), dopo la vittoria sul Siena, ha cazziato duramente Alessio Secco, reo di aver parlato al telefono con il diavolo Moggi.

«Non sono emerse prove di comportamenti illeciti nei confronti di Secco. Comunque vista la visibilità che ha nella sua pozione, ho dovuto ricordargli il suo dovere di proteggere la sua immagine e l’immagine della sua società anche nei rapporti personali. Gli abbiamo ricordato la sua posizione di direttore sportivo. Proteggere la sua immagine e quella della società è molto importante».

Prima della partita, Rien ne va plus aveva pranzato con il Commissario Sant'Albano e, tanto per dare un segnale agli amici milanesi, non era poi sceso in campo al fianco di Secco durante il riscaldamento della squadra.

Parlare con Moggi non si può.

Svendere giocatori ad un pregiudicato invece va benissimo.


Quel gran pezzo dell'Ubaldo


In un'intervista all'Ansa, il presidente della Fifa Joseph Blatter ha rivelato un particolare inedito su Calciopoli (inedito per chi legge solo la cazzata dello sport e simile carta straccia; nota de mago): "Credo sia ora passato abbastanza tempo per poterne parlare. Quando scoppiò Calciopoli nel 2006, Luca di Montezemolo svolse un importantissimo ruolo di moderatore. E' in gran parte merito suo se la Juventus non si rivolse ai tribunali ordinari dopo le sanzioni conseguenti allo scandalo".

Penso che non servano particolari commenti.

Quel gran pezzo dell'Ubaldo tutto nudo e tutto caldo, grande amico della Vergine della Bicocca (che non è Afef) e protetto da Tavaroli per conquistare la poltrona di presidente di Confindustria, è ufficialmente il maggior responsabile della nostra retrocessione in Serie B (con contorno di scudetti revocati, liquidazione della squadra etc etc).

Era già chiaro a tutti. E' ovvio.

Ma il timbro ufficiale della FIFA su questa vergogna ha comunque un suo perché.

giovedì 20 dicembre 2007

Parlano proprio tutti. Cani e porci compresi

Albertini: "Un anno e mezzo fa è iniziato un lavoro ben preciso, chi ha sbagliato deve pagare e questa deve essere una regola per la vita. Della linea dura si era parlato anche un anno e mezzo fa, ho fiducia nei pm di Napoli, vediamo cosa succederà. Su 'calciopoli 2' le voci circolavano ma certe storie vanno lette in modo approfondito, bisogna capire quanto il calcio sia migliorato, di certo questo scandalo non migliora la nostra immagine all’estero. La vittoria del Mondiale non è bastata. Moratti chiede la revoca dello scudetto del 2002? Non credo che sia possibile, bisogna vedere il lavoro dei pm".
Ruggeri (presidente dell'Atalanta): "E' una vergogna! Le voci su Calciopoli che stesse continuando c'erano, ma nessuno poteva averne la certezza, se non certi personaggi inseriti. Mi aspetto che il presidente Abete prenda decisioni forti nei confronti di alcuni tesserati ed altri presenti in Lega che, come traspare dalle nuove intercettazioni, si permettono di chiamare gente squalificata".
Albertini lo conosciamo bene.
Per Ruggeri, deve evidentemente esserci un problema con quei colori...

La barzelletta del giorno

Non e' vero che lo scandalo calciopoli sia stata tutta ''una montatura'', così come sostenuto dal presidente del Milan, Silvio Berlusconi.
''Certo che esiste'', ha detto il presidente della Figc, Giancarlo Abete. Per Abete, oggi a Milano per lo scambio degli auguri di Natale con i vertici della Lega Calcio, ''se ci sono delle sentenze e se delle societa' sono state penalizzate, e' naturale che ci siano state situazioni che hanno portato a dei processi sportivi''. Abete non e' d'accordo con Berlusconi soprattutto perche' dal suo punto di vista ''la giustizia sportiva va rispettata. Io - ha puntualizzato - mi riconosco nelle sentenze che vanno accettate e rispettate. Adesso aspettiamo la giustizia ordinaria''.

L'accattone


Infimo (prima era minimo, ora è sprofondato ancora più giù) moratti pretende lo scudetto 2002.

Si, proprio lo scudetto del 5 maggio 2002.

Proprio lo scudetto dell'anno in cui sono finiti terzi (non mi giunge nuova 'sta cosa...) per aver perso la partita decisiva con la Lazio, nonostante la pastetta con la squadra avversaria e tutta la curva laziale a proprio favore.

Proprio lo scudetto che infimo moratti ha cercato di vincere offrendo a Cragnotti (allora presidente della Lazio) il 4 maggio (il giorno prima della partita) una cifra spropositata per Nesta (dal 5 maggio pomeriggio, infimo moratti non si è più fatto sentire con Cragnotti).

Proprio lo scudetto che macellazzi sperava di conquistare implorando i giocatori della Lazio.

Ricapitolando:
1. sono arrivati terzi
2. hanno cercato di influenzare (diciamo così) la Lazio con la storia di Nesta
3. gran parte dei giocatori della Lazio era favorevole (diciamo così) ad una vittoria dei perdenti (vi ricordate le farfalle di Peruzzi?)
4. la curva laziale tifava per i perdenti
5. macellazzi implorava i giocatori della Lazio (quei pochi che si impegnavano) di lasciarlo vincere (povero ciccino...).

Non solo l'ufficio indagini non ha indagato un beato cazzo su 'sta partita.
Ma infimo moratti ora si permette addirittura, di fronte al solito stuolo di pennivendoli scodinzolanti e leccaculo, di chiedere lo scudetto.

Ma c'è ben di peggio.
A Torino (zona Fermo Ferraris e Catacombe Matteotti) di tutto questo se ne fottono.

Cip (Abete) e Ciop (Petrucci) si coprono a vicenda


Ieri sera, Abete, dopo aver incontrato Petrucci e altri alla riunione straordinaria al Coni, ha dichiarato che ''è stata un'occasione per rinnovare al presidente Petrucci tutta la stima e la solidarietà personale con l'amarezza che, all'interno di queste intercettazioni, sia stata chiamata in causa anche la sua persona".


Oggi, Petrucci ha difeso l'operato nel n.1 della Figc Abete con queste parole: "si potrebbe dire che lui era vicepresidente in quel periodo, ma se le carte non hanno dimostrato responsabilità, non vedo perché debba morire Sansone con tutti i filistei".

Caro Luciano, fatti frate

Le ultime intercettazioni telefoniche a Moggi - come le prime, del resto - sono molto utili per capire una cosa: che sono inutili e non dimostrano altro che in Italia si gettano nella pattumiera pacchi di soldi per origliare privatissime conversazioni penalmente irrilevanti. Siamo di fronte a un fenomeno da baraccone. Una schiera di persone pagate dallo Stato si occupa senza costrutto di legittimi affari altrui. Calciopoli, come ha detto Berlusconi, è stata una frescaccia. Ma ha attecchito grazie al tifo-letame di cui è lordo il mondo del pallone. Moggi è odiato dagli interisti perché era alla Juve che vinceva di brutto. Fosse stato all'Inter sarebbe odiato a sangue dagli juventini. Gran parte del popolo delle curve e delle gradinate non ragiona; e vede storto attraverso i colori sociali della squadra per la quale tiene. Non c'è speranza di ricondurre Calciopoli nel suo alveo, quello della buffonata. Gli arbitri sbagliano oggi quanto allora, ma nessuno grida più allo scandalo. Già. L'importante è continuare a colpire il capro espiatorio: Moggi non dovrebbe neppure telefonare a gente che conosce da anni e con la quale ha lavorato. Gli consigliamo di farsi frate, anzi suora. Solo così sarebbe lasciato in pace. Lo accusano anche di avere rapporti telefonici con Libero. Che scoperte del menga. Ovvio che parli col giornale di cui è collaboratore e che detti ai nostri redattori i suoi pezzi. Cosa dovrebbe fare, inviarci gli articoli mediante piccioni viaggiatori? È una storia sempre più paradossale. Inoltre lo accusano di dare delle dritte tecniche a chi gliele chiede. Per esempio all'Ascoli, al Torino. E chi glielo vieta? Stiamo precipitando nel ridicolo e non ce ne accorgiamo. Moggi non è stato condannato da alcun tribunale, è un cittadino innocente fino a prova contraria. Eppure nessuno se ne rende conto. Il Paese è pieno di garantisti a orologeria, però se c'è di mezzo Luciano la suoneria si inceppa, e si leva subito un coro: crocifiggetelo. Questo doppiopesismo è uno schifo che ci fa disonore. Chissà perché le intercettazioni e la loro pubblicazione vengono condannate senza riserve, sempre, tranne se riguardano l'ex direttore della Juventus. Non un politico, non un giornalista, non un frequentatore del bar sport hanno fiatato per difendere quest'uomo incensurato. Perché Moggi è in disgrazia e non è popolare tutelare i suoi diritti. Quando era in piedi tutti facevano a gara per leccargli le scarpe; ora che è caduto, dopo accuse mai provate, gli sputano addosso. Qualcuno dovrebbe vergognarsi.
Vittorio Feltri

Si risveglia il bradipella

Il bradipella è uno strano animale
E' un incrocio tra un bradipo ed una gazzella.
A seconda delle circostanze e soprattutto delle convenienze, si comporta da bradipo o da gazzella
Il più illustre esponente dei bradipelli è tal Palazzi Stefano di Roma.
E' un bradipo, lento e sonnolento, quando deve dedicarsi ai fascicoli relativi alla onesta e verginale squadra nerassurda.
Ma diventa seduta stante una gazzella quando c'è di mezzo la Juventus.
E' notizia di ieri che Palazzi ha smesso i panni da bradipo per indossare quelli da gazzella e chiedere a quei due gran pezzi di P.M. di Napoli copia delle nuove INTERcettazioni.
"La Procura federale ha formalizzato oggi all’Autorità giudiziaria di Napoli la richiesta di copia degli atti depositati nelle ultime ore e relativi all’inchiesta sul mondo del calcio: la richiesta è stata firmata dal procuratore federale Stefano Palazzi che in mattinata ha avuto un colloquio con i pubblici ministeri Filippo Beatrice e Giuseppe Narducci.Esaminate le carte, il procuratore federale deciderà se aprire un procedimento autonomo relativo all’ulteriore deposito di atti di indagine o far confluire la nuova documentazione nel procedimento aperto a suo tempo dall’Ufficio indagini della FIGC dopo l’avvìo dell’inchiesta da parte dei magistrati napoletani.

Oramai siamo alla follia più totale


Moggi non può difendersi.

Moggi non può parlare.

Moggi non può vedere nessuno.

Cosa deve fare?

Forse suicidarsi?

Probabilmente è questo che tanta gente onesta e simpatica si aspetta.


Un natalizio e simpatico vaffanculo a tutti

mercoledì 19 dicembre 2007

INTERcettati d'Italia, fate così




Siamo tutti INTERcettati.

Oramai è chiaro.

Ma c'è un modo molto semplice per evitare le INTERcettazioni.

Scheda svizzera?

Noooooooooo

Scheda del Lichstenstein (o come cazzo si scrive, 'sto paese è peggio di Salicoso)?

Noooooooooo

Basta infilare nella conversazione alcune parole chiave.

Moratti. Mancini. Saras. Facchetti (a cui valori tutti qui ci ispiriamo).

Ed il software bloccherà immediatamente l'INTERcettazione in corso, cancellando ogni traccia.

Allarme rosso al CONI


Negli uffici del Coni è in corso un incontro sugli sviluppi di calciopoli tra il presidente del massimo ente sportivo, Gianni Petrucci, e quello della Figc, Giancarlo Abete. All'incontro partecipa anche il segretario generale del Coni, Raffaele Pagnozzi.

Comprare? No, meglio vendere


(Bonarober per http://www.juworld.net/)

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Comprare? No, meglio vendere

19 Dicembre 2007

Tuttosport



La Juventus dibatte se sia meglio investire nello stadio o nella squadra. No, grazie. La Juventus fa entrambe le cose, sennò è l’Udinese. Se la proprietà non può comprare campioni veri, allora è meglio che venda. E che venda a qualcuno che, come Gianni e Umberto Agnelli, non si accontenta di vivacchiare e di considerare un grande risultato il piazzamento attuale. Il terzo posto può sempre capitare, ovvio. Ma essere una squadra da terzo posto non è da Juve, semmai di chi poi si bea di poter indossare scudetti altrui.

Caro direttore, visto che ci sono, permettimi anche una chiosa al tuo editoriale di lunedì intitolato “La verità è in campo”. Tu scrivi che a fronte del pesante coinvolgimento nello scandalo del calcio, il Milan non avrebbe dovuto partecipare alla Champions che poi ha vinto e, di conseguenza, nemmeno al torneo mondiale di Tokyo. Come sai, non sono d’accordo. Anche le sentenze di condanna dicono che non c’è stata nessuna partita taroccata, nessun sorteggio truccato, nessun arbitro corrotto, con l’improbabile eccezione di un Lecce-Parma arbitrato da De Santis.Malgrado la tua convinzione sull’ingiusta partecipazione del Milan alle competizioni internazionali, riconosci che i rossoneri hanno esibito “qualità, capacità, intelligenza, continuità, coraggio” tali poi da meritarsi sul campo la vittoria. Non posso che essere d’accordo, è una squadra formidabile. Ma la tua riflessione mi porta a farti una domanda: credi che l’altra squadra coinvolta nello scandalo del calcio, senza peraltro avere a suo carico nemmeno una telefonata compromettente con i guardalinee, abbia mostrato la medesima “qualità, capacità, intelligenza, continuità, coraggio” nel difendersi dalla montagna di accuse non provate, anzi poi smentite dalle sentenze? La risposta è nella vittoria rossonera della Coppa dei Campioni e in quella juventina del campionato di B, ma non sottovaluterei nemmeno l’impresa che i Cobolli boys hanno agevolato agli indossatori di scudetti altrui, consentendogli di vincere tre scudetti in due soli anni grazie alla svendita del più devastante calciatore del mondo, Zlatan Ibrahimovic, a un prezzo quasi pari a quello di Almiron e Tiago.

La vittoria internazionale del Milan serve a non far dimenticare che cosa è successo in questi due anni. La società che, insieme alla Juventus, avrebbe condizionato i campionati ma che, a differenza della Juventus, è stata graziata dalla Federcalcio e dalla Uefa per il semplice fatto di essersi difesa, evidentemente non era così aiutata dagli arbitri se qualche mese dopo la condanna a ferimento ha fornito alla nazionale, ancora una volta con la Juventus, l’ossatura della squadra che ha vinto i mondiali. Non manipolava le bandierine se, poi, ha vinto tre coppe internazionali in sei mesi e un Pallone d’Oro.

La Juventus di Claudio Ranieri, nel suo irriguardoso piccolo, sta facendo altrettanto bene, malgrado sia inferiore alle prime e inguardabile senza i giocatori della precedente gestione, a cominciare da Zinedine Zanetti. Per carità di patria, evito di affrontare il tema della cessione di Antonio Nocerino, bloccata in autostrada da Luciano Moggi (sempre sia lodato).

Aggiungo però una cosa: il Tar. L’establishment italiano ormai è abituato a regolare i conti interni con decisioni esecutive da far rabbrividire anche uno studente al primo anno di giurisprudenza. Poi però arriva il Tar e spesso, dalla Rai alla Guardia di Finanza, ristabilisce un minimo di stato di diritto. Sarebbe successo così anche nel calcio, come avevano lasciato intuire fior di giuristi. Tanto che quando, in un impeto di coraggio durato una mezz’oretta, la Juventus ha minacciato di ricorrere al Tar, c’è stata la mobilitazione del Palazzo che poi ha portato alla riduzione della pena. Eppure la Juventus ha ritirato il ricorso e rinunciato anche all’ultima possibilità di difesa.

Il risultato di questa scelleratezza è il Milan sul tetto del mondo e la Juve del campionato cadetto. “La verità è in campo”, dice l’editoriale di lunedì. Ne sono arciconvinto. Ma in questo caso la verità è anche in Corso Galileo Ferraris 32.

Christian Rocca

Domandina al garante per la protezione dei dati personali


Ho una domandina (ina ina) da fare al garante per la protezione dei dati personali.

Questo Garante, che sono sicuro frequenti abitualmente i blog e i forum, non dovrebbe magari occuparsi di cose più serie?
Ad esempio, sul sito http://www.repubblica.it/ sono stati pubblicati i verbali delle nuove INTERcettazioni disposte da quei due gran pezzi di P.M. che rispondono ai nomi di Beatrice e Narducci.

Ebbene questi verbali contengono numerosi dati sensibili.

Il numero di cellulare di Moggi, ad esempio.

Oppure il codice del citofono della casa di Moggi a Torino.

O anche l'indirizzo della casa di Moggi al mare.

Ed ancora, il numero di cellulare di Punghellini (con relativo codice IMEI E IMSI).

Per non farsi mancare nulla, il domicilio di Mazzei, Gambelli e Penta.

Ed infine, il numero di cellulare di Abete.


Repubblica ha poi pubblicato una nuova versione dei verbali, ripulendoli probabilmente da alcuni dati sensibili.

Ma io ho la versione originale.

Per cui, caro Garante, se ti servono questi originali, fammi un fischio. Oppure, lascia un commento a questo post.

La barzelletta del giorno


(Il cervello di San Massimo da Appiano)



Moratti a Borelli (verbale pubblicato oggi sui giornali)

«Non ho mai dato alcun mandato a Tavaroli per redigere un dossier sull'arbitro De Santis né ho mai visto alcun documento in merito. Ho appreso solo dalla lettura dei giornali dell'esistenza del dossier Ladroni e mi sento di escludere che un simile mandato possa essere stato dato da Facchetti».


Moratti a Beccantini (La Stampa - 22/9/2006), in risposta all'osservazione "eppure faceste pedinare l'arbitro De Santis".

«È ormai un episodio di dominio pubblico. Le rispondo come risposi a Claudio Sabelli Fioretti: un tizio si offrì di farlo. Era in contatto con persone del ministero presso il quale aveva lavorato De Santis. Potevano offrirci delle informazioni. Risultato: zero su tutta la linea. E comunque, c'è un'inchiesta in corso. Meglio attendere gli esiti».

Moratti a Claudio Sabelli Fioretti (Magazine del Corriere della Sera - 31 agosto 2006), in risposta alla domanda "metteste sotto sorveglianza l'arbitro De Santis?"

«Una persona si offrì di farlo. Conosceva alcune persone in grado di darci informazioni perché lavoravano al ministero dove aveva lavorato De Santis. Ma non ne uscì nulla».

Petrucciopoli

Pierluigi Ronzani, il presidente della Camera di Conciliazione del Coni fino all'agosto scorso, il 7 novembre è stato interrogato dai pm Beatrice e Narducci, titolari dell'inchiesta su calciopoli: "La Camera di Conciliazione ha trattato anche le vicende relative alle società Lazio, Juve, Fiorentina e Milan e per quanto riguarda queste vicende non vi sono state pressioni o comunque indicazioni o suggerimenti quanto alle determinazioni che avrebbe voluto adottare l'organo da me presieduto". Ronzani ammette invece pressioni per aiutare Franco Carraro: "Io mi trovavo a Roma, in albergo, e si presentò da me il presidente Petrucci, il quale nell'ambito di un contesto più generale volle affrontare il discorso riguardante Carraro. Disse che riteneva che un organo del Coni, ovvero la Camera di conciliazione, non potesse giudicare circa la posizione di un membro della giunta Coni. Suggeriva pertanto di adottare una decisione di incompetenza poichè secondo il suo parere la posizione di Carraro doveva essere trattata innanzi al Tar Lazio. Replicai dicendo che non accettavo suggerimenti o indicazioni esterne, tanto più da una persona che ritenevo non avesse sufficiente preparazione giuridica. È vero che ad un certo punto volarono pure parole grosse, ma questo avvenne perchè Petrucci continuamente denigrava la mia persona e strumentalizzava la mia malattia sostenendo in giro che non ero più capace di poter presiedere la Camera di conciliazione. Quando adottammo la decisione deliberammo di annullare la diffida che era stata comminata dalla Caf a Carraro e dichiarammo la nostra incompetenza quanto alla pena pecuniaria".
Ronzani avanza anche dubbi su alcune decisioni del Tar Lazio: "Al termine della stagione 2005-'06, la Camera di conciliazione aveva confermato la retrocessione del Messina a causa dell'assenza dei requisiti della Noif. Analoga decisione avevamo adottato per la Torres. I nostri lodi furono impugnati innanzi al Tar del Lazio che diede ragione ai ricorrenti, che dunque evitarono la retrocessione. Rimasi perplesso perchè ritenevo che il nostro lavoro fosse stato giuridicamente ineccepibile, avendo riscontrato numerose irregolarità contabili. La nostra decisione venne ferocemente contestata dai tifosi del Messina e io stesso fui oggetto di gravi intimidazioni, anche con telefonate minatorie pervenute presso il mio studio a Roma"

Restituiamo la Coppa Zaccone

Sono indignato. Schifato. Disgustato. Deluso. Incazzato.
Non è possibile che la nuova, pulita e simpatica Juventus continui ad intrallazzare con Luciano Moggi.
Non è possibile che la nuova, pulita e simpatica Juventus subisca ancora la nefasta influenza di Luciano Moggi a tal punto da bloccare il trasferimento di Nocerino alla Fiorentina.

Dobbiamo riaprire la pagina dell'espiazione delle nostre colpe.

Restituiamo la Coppa Zaccone.

Pago io il DHL

Mittente: I Birigenti
Indirizzo Mittente: Palazzina occupata abusivamente di Fermo Ferraris
Destinatario: San Massimo da Appiano
Indirizzo destinatario: Via Durini - Ufficio patenti e passaporti

martedì 18 dicembre 2007

Luciano Moggi, Ju29ro


Le telefonate con Alessio Secco.

È Moggi a chiamare. Alle 19 e 38 del 10 aprile.

Moggi: "Stà a sentire... adesso tè devi fà 'na cosa".

Secco: "Sì".

M.: "Devi dire che sembrano assurde tutte le critiche rivolte a Deschamps. Siamo primi in classifica e abbiamo avuto diecimila infortuni".

S.: "Certo".

M.: "L'allenatore ha fatto bene. L'allenatore resta con noi. L'allenatore praticamente ha la fiducia dei giocatori. Fallo... Fallo questo perché...".

S.: "Certo".

M.: "Vogliono crearci dei problemi".

S.: "Ok. Ok. Va bene".

M.: "Mi fai questo qui che è la cosa più importante".

S.: "Va bene. Va bene".

Luciano si sente proprio bianconero dentro. Lo si capisce da come si esprime: siamo primi, abbiamo avuto diecimila infortuni, l'allenatore resta con noi, vogliono crearci dei problemi.

Dry invece sembra un bambinello che va a catechismo.

Intelligenza


Gabetti è in riunione con John El Kann.

Ad un certo punto della riunione, Gabetti spiega a John El Kann quanto sia importante circondarsi di persone intelligenti.

John El Kann chiede a Gabetti come faccia a giudicare se una persona sia intelligente o meno.

"Lo capisco facendo la domanda giusta", risponde Gabetti. E aggiunge: "te lo dimostro".

Gabetti prende il telefono e chiama Marpionne.

"Rispondi a questa domanda: tua madre ha un bambino e tuo padre ha un bambino; questo bambino non è né tuo fratello né tua sorella. Chi è?"

Immediata la risposta: "sono io!".

Gabetti attacca la cornetta e dice: "hai capito John?".

"Sicuro. Grazie. Farò anche io così".

Al rientro nel proprio ufficio, John decide di mettere alla prova Rien ne va plus.

Lo chiama e gli dice: "ascolta, Rien, puoi rispondere a una domanda?"

"Mais oui, cosa vuoi sapere?"

"Tua madre ha un bambino e tuo padre ha un bambino. Ma questo bambino non è né tuo fratello né tua sorella. Chi è?"

Rien ne va plus ci pensa un po', poi imbarzzato dice: "oh parbleu, ci devo riflettere; ti chiamo più tardi".

Rien ne va plus convoca subito una riunione urgente del comitato sportivo in Fermo Ferraris.

Ma nessuno riesce a trovare la risposta giusta.

Rien ne va plus propone allora al comitato di sentire il parere di un grande amico, San Massimo da Appiano. Ma anche San Massimo da Appiano non riesce a risolvere l'arcano.

Allora, Rien ne va plus chiama al telefono un altro grande amico, il Candido della Foxy. Gli spiega la situazione e pone la domanda: "Tua madre ha un bambino e tuo padre ha un bambino. Ma questo bambino non è né tuo fratello né tua sorella. Chi è?"

Immediata la risposta del Candido della Foxy: "Sono io!".

Sollevato, Rien ne va plus chiama subito John.

"Ho la risposta alla tua domanda! So chi è il bambino.! E' il Candido della Foxy".

E John, disgustato: "Cretino, è Marpionne".

Il sonetto del Mago

Chi si è difeso, vince coppe financo in Giappone
Chi ha gli El Kann, vince solo la Coppa Zaccone

venerdì 14 dicembre 2007

Con le pezze al culo...


Il nostro grande esperto di pappette e pannolini si è pronunciato, per l'ennesima volta, sugli obiettivi di mercato della simpatica Juvinese.

Si punta in alto.

Ronaldinho?

Noooo, molto meglio.

Cristiano Ronaldo?

Ma nooooo, molto meglio.

Messi?

Ma dai, molto molto meglio.


"Sicuramente torneremo sul mercato e ci stiamo guardando attorno, però per la sessione estiva. A gennaio andrà in porto solo qualche piccola cessione. Preferenze? Beh, giocatori a parametro zero ci interessano molto come nel caso di Grygera. Van der Vaart? E' uno di questi, certo".

mercoledì 12 dicembre 2007

Il mio bar preferito, sulla riva del fiume



E' il posto migliore per aspettare.

Che passino i cadaveri.

Di tutti coloro (e sono tanti) che hanno ucciso la mia / nostra (ma non loro) JUVENTUS.

Qualcuno chiuda quel bagagliaio!


martedì 11 dicembre 2007

Dossier Telecom / 3 - Gli sviluppi della vicenda


(Dossier del Drago di Cheb - http://www.ju29ro.com/)
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Le intuizioni e i concetti costituiscono gli elementi della nostra conoscenza, così non possono esserci concetti senza intuizioni e intuizioni senza concetti.
Immanuel Kant
Prima di continuare a illustrare la storia del caso Telecom è giusto fermarsi un attimo. Nel capitolo precedente abbiamo visto che si è verificato qualcosa di grave e irreparabile, la morte di Adamo Bove, ma è opportuno a questo punto spiegare adeguatamente le varie posizioni.
Innanzitutto è necessario dire che i familiari di Adamo Bove non credono al suicidio, sanno che Adamo soffriva di vertigini e che sospettava di essere pedinato. Bove, inoltre, aveva la certezza che qualcuno, all’interno dell’azienda, volesse scaricare su di lui le responsabilità dello spionaggio Telecom, probabilmente per “salvare” qualcuno di molto potente.
Al contrario la testimonianza della dipendente Telecom, Caterina Plateo, alle autorità giudiziarie («A un certo punto cominciai a nutrire perplessità circa le richieste del dottor Bove su elaborazioni dati, in particolare quelle che mi venivano fatte telefonicamente o su biglietti... per utenze che risultavano poi in contatto con personaggi del mondo dello spettacolo, dello sport o di enti locali, quali il Banco di Roma») sembra far ricadere ogni responsabilità su Bove stesso. Interessante anche ricordare come, nella sua deposizione, la dott.sa Plateo abbia parlato dell’esistenza di una macchina per le intercettazioni vocali uguale a quelle in uso alle forze dell’ordine: l’RT6000.
Noi vi sono elementi per stabilire se Bove fosse realmente complice del network spionistico di Telecom o se fosse una persona giusta e onesta che aveva intenzione di smantellare il network stesso. Sarà compito dell’autorità giudiziaria scoprire la verità e, fino a quel momento, ci limiteremo a registrare tutte e due le tesi, senza esprimere giudizi di merito.

Fatta questa doverosa premessa possiamo continuare con il nostro racconto.
L’11 Settembre del 2006 Marco Tronchetti Provera rassegna le sue dimissioni dalla presidenza di Telecom, ma questa improvvisa svolta non viene messa in relazione allo scandalo delle intercettazioni e dei dossier illegali, quanto ad una polemica tra Tronchetti e il Governo, nella quale quest’ultimo avrebbe fatto pressioni per convincerlo a cedere il controllo della rete fissa dell’azienda alla Cassa Depositi e Prestiti (ente statale).
Tronchetti Provera, in reazione a queste presunte pressioni governative, parla al Corriere della Sera del cosiddetto “Piano Rovati” (da Angelo Rovati, “consigliere economico” del Presidente del Consiglio), una sorta di Business Plan sulla sostenibilità finanziaria della suddetta operazione. Ma, dietro questa mossa, secondo alcuni, si celerebbero motivazioni diverse.
Pochi giorni dopo (20 di Settembre del 2006), infatti, il Giudice per le Indagini Preliminari di Milano emette 21 ordinanze di custodia cautelare, per associazione a delinquere finalizzata allo “spionaggio illegale” e alla corruzione. Finiscono in manette un commercialista (accusato di aver organizzato la galassia di finanziarie estere attraverso le quali gli spioni facevano perdere le tracce dei milioni di euro spesi dalla Telecom per i dossier), undici uomini di Guardia di Finanza e Carabinieri, oltre che un dipendente dell’Agenzia delle Entrate di Firenze. Secondo gli inquirenti, questa organizzazione sarebbe stata capeggiata da Giuliano Tavaroli (ex capo della security Telecom e del CNAG), Pierluigi Iezzi (security della Pirelli) ed Emanuele Cipriani (Polis d’Istinto), con la presunta complicità di Marco Mancini, alto esponente del Sismi già indagato in relazione al caso “Abu Omar”.

Qualche mese dopo (*) finiscono in manette anche Fabio Ghioni, un ex giornalista di Famiglia Cristiana, Sasinini, mentre Giuliano Tavaroli, già incarcerato, viene raggiunto da un nuovo ordine di custodia cautelare.
Il primo viene accusato di essere a capo di una speciale struttura di Telecom, denominata Tiger Team, accusata di condurre attacchi informatici a siti di aziende concorrenti (Vodafone, per esempio) e di riuscire a scardinare le difese delle caselle di posta elettronica di personaggi ritenuti scomodi. Il secondo invece, avrebbe avuto il compito di redigere delle analisi su persone precedentemente dossierate dalla Polis d’Istinto di Cipriani.
Nel Novembre 2007 vengono arrestati altri componenti: Alfredo Melloni (del Tiger Team) e Roberto Preatoni.
In seguito anche Angelo Iannone, ex carabiniere e appartenente alla divisione brasiliana di Telecom, finisce nell’occhio della giustizia, aprendo un altro capitolo della vicenda: una “guerra” che vedrebbe contrapposta l’agenzia spionistica americana Kroll (assoldata dal nemico storico di Telecom, Dantes) e la Telecom per il controllo di Telecom Brasil (chi volesse approfondire i risvolti legati a questo episodio può fare riferimento agli articoli del giornalista Davide Giacalone su http://www.davidegiacalone.it/).
Ma chi erano i mandanti di questa gigantesca azione di spionaggi che, secondo la stampa, supererebbe per gravità persino i dossier illegali dell’epoca del Sifar del Gen.De Lorenzo?
Noi non ci azzardiamo a dare giudizi, che potrebbero essere smentiti, essendo l’inchiesta della Non essendoci giudizi certi e definitivi ci limitiamo a menzionare quanto scritto in un’Ordinanza dal Giudice delle Indagini Preliminari, Giuseppe Gennari: «Siamo di fronte a una parte di attività che nulla ha a che fare con gli scopi aziendali e quindi con gli interessi dei soci ai quali è necessario guardare per verificare se il denaro della società venga impiegato da chi ne ha la disponibilità in conformità alle ragioni per le quali il potere stesso e' attribuito». Secondo il Gip, quindi, l’opera di spionaggio avrebbe avuto interessi in gran parte slegati da logiche di tipo concorrenziali/aziendali, trovando invece motivazione negli interessi di singole persone che, essendo a capo della società, avrebbero fatto uso di queste facoltà per scopi privati.
Più avanti, nell’Ordinanza, si legge che «quando si parla di appropriazione indebita la persona offesa è il soggetto giuridico società dietro cui si collocano i soci azionisti che della società sono proprietari e non certo l'amministratore della società e il vertice». In questa ottica, andrebbero nettamente separate le posizioni dell’azienda in quanto tale da quelle dei suoi amministratori: in sostanza, l’azienda (e i suoi azionisti, che non hanno voce in capitolo nella gestione) potrebbe essere considerata vittima del reato di appropriazione indebita, dunque della distrazione di fondi, utilizzati non per fini “istituzionali” ma per perseguire obiettivi addirittura illeciti, dei quali gli autori sarebbero stati pienamente consapevoli.
Gennari chiude accennando ad una pen drive in possesso di Tavaroli, sulla quale sarebbero state memorizzate una serie di comunicazioni intercorse tra funzionari dell’Antitrust, che testimonierebbero lo spionaggio dell’Ente da parte della rete spionistica Telecom. Questo fatto manifesterebbe «l'eccezionale gravita' del comportamento della Security di Telecom, la quale era in grado di mettere nelle mani dell'azienda (perché è ovvio che le notizie prelevate non fossero appunto di utilizzo da parte della Security) elementi di conoscenza potenzialmente in grado di interferire, gravemente e illecitamente, nell'operato di un soggetto istituzionale che dovrebbe essere massima espressione di autonomia come il Garante per il Mercato e la Concorrenza».
Fabio Ghioni, in una recente intervista, ha dichiarato che i vertici aziendali erano, perfettamente al corrente delle azioni illecite commesse in Brasile nell’ambito della “guerra” per il controllo di Telecom Brasil: «Inizialmente sulla vicenda sudamericana la security venne coinvolta solo marginalmente. Le strutture più impegnate erano l’ufficio affari legali internazionali, il top management della Telecom Italia Latino-America, dalla presidenza in giù, il general counsel, l’ufficio legale. Senza dimenticare i vari centri di costo. La security è entrata in gioco successivamente, quando ci è stato richiesto di trovare le prove dell’attività di spionaggio della Kroll e di rispondere. Tavaroli ha capito che era una grande occasione per tutti noi». Insomma, non solo i vertici telecom conoscevano il comportamento della security ma lo incentivavano.

Continua ....

Nota (*):

19 gennaio 2007 alle 16:16 — Fonte: repubblica.it. Caso Telecom, altri quattro arresti. Attaccarono il computer di Colao - Oltre a Tavaroli, in manette o arresti domiciliari Fabio Ghioni e Rocco Lucia, dipendenti del gruppo, e l’ex giornalista di Famiglia Cristiana Guglielmo Sasinini. Accusati di aver tentato di introdursi nel pc dell’amministratore delegato Rcs e in quello di Massimo Mucchetti, giornalista del Corriere della Sera.

23 marzo 2007 alle 10:40 — Fonte: repubblica.it. Dossier illegali Telecom, nuovi arresti - Tredici ordinanze di custodia cautelare notificate a uomini delle forze dell’ordine ed ex manager. Avrebbero ricevuto denaro per raccogliere informazioni riservate raccolte in 30 archivi. Nei guai Tavaroli, Ghioni, Iezzi e l’ex giornalista di Famiglia Cristiana, Sasinini”.

Indice articoli precedenti:

Le barzellette del giorno

Montezemolo. La Juve è una formazione giovane e forte, che sta facendo bene, che è risalita ai vertici con serietà, che è simpatica E possiede dei grandi punti di riferimento e bandiere come aveva quella di Boniperti e Platini.
John Elkann. Se mio nonno avesse potuto vedere la squadra di Ranieri probabilmente l'avrebbe definita frizzante. Gli sarebbe piaciuto da matti il gol di Nedved contro l'Atalanta. Pavel era fra i suoi preferiti.
Blanc. Sono state parole molto forti e stimolanti. Ora sento un ancora maggiore senso di responsabilità, esco con le spalle piegate dalle nostre incombenze. La Juve non può solo partecipare, pensa sempre a vincere.

Conati di vomito (2)


L'ex direttore generale di Benissimo Neonato si è confessato al Corriere dello Sport.

Ecco alcune perle tratte dall'INTERvista pubblicata il 7 dicembre.


Si guardi alle spalle, presidente, e ripercorra i diciotto mesi di presidenza Juve. Cosa pensa?

«Penso che ce l'abbiamo fatta. A posteriori ab­biamo tutti analizzato che non era affatto sempli­ce accettare la B - e il direttore Vocalelli ricor­derà quanto ne abbiamo parlato anche con lui ­e risalire subito da quel campionato alla serie A. Abbiamo ricoagulato una squadra e mantenuto i nostri grandi campioni - quelli che io chiamo i grandi fedeli - innestando su questi altri gioca­tori importanti e i giovani, che saranno sempre più il nostro futuro».


Il popolo bianconero è molto esteso: avete ereditato anche questo grande patrimonio pren­dendo il timone societario della Juventus. Come avete visto cambiare la gente durante questo anno e mezzo? Quanti vi hanno seguito, quanti si sono rivelati critici o addirittura nostalgici?

«Quando con Blanc ereditai la Juve ci siamo subito resi conto che prendevamo in mano una struttura forte. Alcuni dipendenti non avevano neanche metabolizzato la B. Abbiamo superato tante difficoltà, non solo a livello sportivo, ci so­no state situazioni che ci hanno colpito molto an­che a livello umano. Il 29 giugno dell'anno scor­so sono diventato presidente e il primo luglio so­no sceso nel mezzo di una manifestazione spon­tanea di tifosi che finiva sotto la sede: erano de­cine di migliaia di persone che non avevano ca­pito cosa stesse accadendo. C'era una sete di colpevolismo forte nei nostri confronti. Anche il commissario straordinario Rossi aveva quasi espresso sentenze prima che cominciasse il pro­cesso sportivo. Abbiamo deciso di prendere la B, ricordo bene le molte telefonate, anche con il di­rettore Vocalelli: insomma abbiamo capito, an­che grazie a chi ci è stato vicino, che ogni tanto bisogna mandare giù un calice. Ci hanno tolto due scudetti. Eravamo titubanti noi, figuriamo­ci i tifosi: resta il fatto che per tutto il popolo ju­ventino, noi compresi, nel cuore gli scudetti so­no 29, legalmente sono due di meno».


Oggi che clima si respira tra i tifosi?

«Tutto quello che abbiamo da allora ce lo sia­mo meritato e i tifosi sono più concentrati sulla squadra. A Torino giro spesso, non sapete che piacere mi danno i giovani che sono solidali e mi dicono: andate avanti così. Tra quelli di mezza età c'è comprensione ma magari non sempre condivisione completa. Sono i vecchi juventini quelli più rancorosi: ti dicono di andare al Tar, al Tas e non so dove. Per me quello della B è un capitolo archiviato in 110 anni di gloria».


Ci parli di Ranieri.

«Siamo molto contenti. E siamo stati fortuna­ti a trovare uno così dopo Deschamps. Lui si de­finiva già in Inghilterra il pensatore: perché mo­dellava la sua squadra sulle caratteristiche del­le avversarie. Per esempio il tridente con la Ro­ma per noi fu una sorpresa: una graditissima sorpresa».


Lippi e la Juve potranno rincontrarsi?

«Non è un più un mistero che lo cercammo una volta perso Deschamps. Non era il momen­to giusto. Lippi è un grandissimo tecnico, ma è ormai chiaro che abbiamo preso strade diverse. Ranieri è nel nostro progetto e Ranieri vuol di­re tutto un suo staff qualificato».


Andiamo al campionato. Gli arbitri non sono stati teneri con la Juve...

«Sono successi fatti oggettivi. E io, che per carattere non sono un mite ma amo i rapporti sereni, dopo Napoli ho dovuto par­lare. L’ho fatto avendo trovato un presiden­te signore, De Laurentiis , che davanti a tut­ti mi ha dato la mano e si è scusato, quan­do lui di cosa doveva scusarsi? Non credo ad una volontà precisa. Credo che dovendo de­cidere velocemente negli arbitri sia passa­to l’involontario pregiudizio di decidere contro la Juve che in passato era stato spes­so agevolata. E poi io questo neanche so se è vero. Comunque andiamo avanti. Perché è giusto dire le cose, ma è inutile lamentar­si a lungo».


A proposito di Inter, ci dice cosa rappre­senta per lei oggi Ibrahimovic. Magari un rimpianto su cui un giorno provare a tor­nare?

«Ibrahimovic ho fatto di tutto per non farlo andare via e questo lo ricordo in ma­niera molto distinta. Ricordo una notte con me, Blanc, il ds Secco, il giocatore e il suo procuratore, abbiamo fatto tutto il possibi­le ma lui voleva andare via. Può esserci un rimpianto sportivo, ma il capitolo è chiu­so».


Nelle fortune nerazzurre Zlatan sembra molto decisivo. Avete provato, siete stati tentati dall'idea di darlo all'estero per non rivederlo da avversario in Italia?

«Non sono un tifoso dell'Inter, ma a ma­lincuore devo dire che Ibrahimovic gioca molto bene e per loro è davvero importan­te. Posso dire che la società nerazzurra è in assoluto quella che ci ha fatto l'offerta mi­gliore. E lo abbiamo dato a loro, perché avevamo capito che Ibra voleva andarse­ne, era molto determinato in questo senso».


Prima abbiamo affrontato il discorso de­gli arbitri. A capo della struttura arbitrale c'è Pierluigi Collina che per i tifosi juven­tini non evoca proprio dolci pensieri...

«Da tifoso juventino quando penso a Col­lina penso ad una giornata in cui pioveva talmente tanto che probabilmente non si sarebbe dovuto giocare. Da presidente di­co che era giusto mettere un professionista a capo di una classe arbitrale giovane: Col­lina merita fiducia e gli arbitri vanno la­sciati tranquilli».


Ogni tanto si insinua il dubbio che la fa­miglia Agnelli possa staccarsi dalle vicen­de della Juve. È verità o c’è un po’ di favo­la dentro questa ipotesi?

«Rispondo che nulla è impossibile, ma mi pare altamente improbabile. John Elkann è venuto di recente, abbiamo chiacchierato della Juve, partecipava con entusiasmo a discorsi e progetti. La Juve è un investi­mento importante per la famiglia Agnelli. Certo, deve funzionare: e questo dipende da Blanc e da me».


Passiamo al mercato. A giugno è lecito aspettarsi un grande colpo? Un Ronaldinho, tanto per individuare il target?

«I super campioni non sono esattamente i giocatori che cerca la Juve: quel che conta è inserirsi nel progetto. Noi rinforziamo la struttura della squadra facendo un discorso di ragnatela, di maglia. Non è detto che tutti i top player sappiano inserirsi».


Ma lei ricorda quando l'Avvocato chiamava e diceva...ho comprato Platini?

«Come no. Ma di Avvocato ce ne è stato uno, come c'è stato anche un solo Dottore. I tempi sono cambiati».

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L'esperto di biberon e tettarelle ha sentito la necessità di ribadire più volte che è tifoso della Juventus, che non è tifoso dell'Inter, che fa parte del popolo juventino...

Non vi ricorda qualcuno?

Ma si. Proprio lui.

Il papà di Oceano. Colui che si è presentato a Villar Perosa indossando una maglia della Juve.

E non vi ricorda qualcun altro?

Ma si. Proprio lui.

Lo zio di Oceano. Colui che si è tatuato il simbolo della Juve sul braccio (probabilmente le chiappe erano ancora un po' doloranti...).

Avete mai visto l'Avvocato o il Dottore comportarsi così?

No, eh? Chissà come mai?!


L'esperto di pappette e pannolini ci fa comunque capire come l'amaro calice (per noi, non certo per lui ed il suo gemello) sia stato un gentile regalo di persone a lui vicine...


L'esperto di carrozzine e passeggini riesce poi ad auto-contraddirsi nella medesima risposta. prima dichiara che "la Juve è un investi­mento importante per la famiglia Agnelli". Poi aggiunge che la Juve "deve funzionare: e questo dipende da Blanc e da" lui. Ma se la Juve fosse davvero un investimento importante per la famiglia Elkann (che non è la famiglia Agnelli) non sarebbe certo stata affidata a dei Birigent similii!


Ma l'esperto di reflussi e colichette raggiunge l'apoteosi quando si mette a discettare di mercato. Prima, ammette che "i super campioni non sono esattamente i giocatori che cerca la Juve". Già, la Juve dei Birigenti preferisce i super bidoni (a caro prezzo, se possibile). Poi, la dichiarazione illuminante: "noi rinforziamo la struttura della squadra facendo un discorso di ragnatela, di maglia". Ecco, ragnatela è la parola chiave. Perché con questi Birigenti la nostra sala dei trofei sarà pian piano invasa da ragnatele e polvere.

Conati di vomito


Un libro con introduzione di Henry Kissinger dedicato alla vita di Gianni Agnelli: è stato presentato ieri sera al Lingotto dal direttore INTERcettista del Tg1 Gianni Riotta alla presenza di uno dei gemelli Equity Swap (Gianluigi Gabetti), del papà di Oceano, di Lucky Luke e di Marcello Lippi.

"L'Avvocato aveva tre amori - ha dichiarato Lucky Luke - Torino, la Fiat e il proprio Paese. Da lui ho imparato due cose: di guardare sempre avanti e che dovunque ci si trovi a operare bisogna tenere una finestra aperta sul mondo. Oggi sarebbe contento della Fiat, della Juventus e della Ferrari".


Due commenti veloci veloci, prima di andare a vomitare:

1. Lippi a parte, c'era un vero parterre de roi alla presentazione del libro.

2. Premio per la stronzata di giornata a LuckyLuke: bisogna avere una faccia come il culo per dire che l'Avvocato oggi sarebbe contento della Juventus.


lunedì 10 dicembre 2007

Ambrogino (di cartone) per Inter Brand SRL


Il Comune di Milano ha conferito l'Ambrogino (rigorosamente di cartone) ad INTER BRAND SRL.

Questa la motivazione ufficiale:

"Ancora una volta celebrata da Milano e nel mondo per la sua gloriosa storia e i suoi straordinari successi. Solidamente legata alla città, ma internazionale nel modo di vivere il calcio, ha portato onore e fama alla comunità ambrosiana, attraverso i prestigiosi risultati agonistici e la costante trasmissione dei principi etici di lealtà, correttezza, trasparenza e sportività, in particolare alle nuove generazioni.

Ha portato l'immagine e l'anima di Milano nel mondo: prima squadra ad aprirsi a culture e professionalità all'estero, ha avuto la capacità di mettersi al servizio di società povere in molti paesi del pianeta con la costruzione degli Inter campus.

Unica squadra ad aver sempre militato nella massima categoria, è stata la prima a vincere il campionato a girone unico (1909-1910), la prima a vincere il campionato di serie A (1929-1930) e la prima squadra a vincere la coppa intercontinentale (1964). Nei campionati 1988-89 e 2006-2007 ha stabilito quasi tutti i record".


Correttezza. Talmente corretti che un dirigente della società controllante (Internazionale FC SpA) ha ricevuto una condanna penale per ricettazione e falsificazione di documenti. Talmente corretti che il PM Nocerino ha richiesto il rinvio a giudizio per dirigenti ed ex dirigenti della società controllante (Internazionale FC SpA) per falso in bilancio e false comunicazioni sociali.

Trasparenza. Talmente trasparenti che, per ridurre l'importo di una doverosa ricapitalizzazione ed aggirare i parametri per l'iscrizione al campionato, la società Internazionale FC SpA ha ceduto il proprio marchio ad un veicolo costituito ad hoc e controllato al 100%: Inter Brand SRL.

Lealtà. Talmente leali che hanno pedinato giocatori (Vieiri, Mutu,...) ed arbitri (De Santis). Per non parlare del Dossier Como...

Sportività. Talmente sportivi che i giocatori nerassurdi amano dedicarsi contemporaneamente al calcio(ne) ed alla boxe.

Chissà se il Sindaco di Milano - che è casualmente la cognata del presidente della società controllante (Internazionale FC SpA), il quale a sua volta è il papà del presidente della controllata Inter brand SRL - è a conoscenza di quanto sono corretti, trasparenti, leali e sportivi in Via Durini e dintorni?

Dossier Telecom /2 - La ragnatela che tutto avvolge


(Dossier del Drago di Cheb - http://www.ju29ro.com/)

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Non è necessario credere in una fonte soprannaturale del male; gli uomini da soli sono perfettamente capaci di qualsiasi malvagità (Joseph Conrad).
Il clamore dello scandalo “Laziogate” fa passare sotto silenzio un altro rivolo dell’inchiesta sul caso “Telecom”, che risulta invece importantissimo per comprendere pienamente il “garbuglio”.

Laura Danani, ex legale rappresentante della Tom Ponzi Investigazioni e titolare di una piccola agenzia investigativa, viene arrestata con l'accusa di “spionaggio telefonico”. La donna viene addirittura intercettata dai Carabinieri mentre detta ad un suo collaboratore un vero e proprio tariffario legato alle differenti compagnie.Ma la novità sta da un'altra parte: la Danani è sotto inchiesta, insieme a Emanuele Cipriani (Polis d’Istinto), per un'altra falsa verifica fiscale messa in atto dai soliti due marescialli della GdF (di cui già abbiamo dato conto nella prima parte di questa ricostruzione): questa volta a finire nel mirino una società di consulenza pubblicitaria di Milano.

Nell’ambito di questa indagine, durante una perquisizione negli uffici di Cipriani, i Carabinieri scoprono un DVD, il cui contenuto era criptato e protetto da una serie incredibile di password, nel quale sono memorizzati migliaia di dossier su uomini appartenenti al gotha economico, finanziario, politico e, addirittura, sportivo. La prova, in pratica, che molti degli uomini di potere italiani venivano dossierati.Dai giornali si apprende dell'esistenza di dossier su Corrado Passera (Banca Intesa), Cesare Geronzi (Capitalia e, ora, Mediobanca) e le sue figlie (una giornalista Mediaset, l’altra dirigente Figc), Franco Carraro (Presidente Figc e Medio Credito Centrale), Lorenzo Cesa (segretario UDC), Aldo Brancher (personaggio di spicco del partito “Forza Italia”), Roberto Calderoli (Lega Nord), Vincenzo Pozzi (Presidente ANAS).

Oltre agli uomini di potere (l'elenco di cui sopra è parziale), gli spioni hanno esteso il “dossieraggio” anche a "voci" ritenute scomode, quali quelle del comico Beppe Grillo e dei giornalisti Marco Travaglio e Davide Giacalone. Ma la cosa forse più strabiliante è il ritrovamento di fascicoli riguardanti calciatori (Bobo Vieri, Adrian Mutu e Vladimir Jugovic), arbitri (Massimo De Santis) e dirigenti, sempre del mondo del calcio, quali Luciano Moggi e il ds del Messina, Mariano Fabiani.
Lo spionaggio giunge al parossismo quando a finire sotto "osservazione" è un semplice pensionato, il quale aveva minacciato di manifestare il suo malumore all'assemblea degli azionisti Telecom, dopo i ripetuti capricci della sua linea ADSL che, nonostante le ripetute richieste, non era mai stata riparata.

Ormai lo scandalo è di proporzioni enormi. Ed il gioco, infatti, diventa mortale.Ai primi di giugno, Telecom compie un’ispezione interna (internal audit) la quale appura che i sistemi per acquisire legalmente i tabulati telefonici garantiscono anche l'anonimità degli accessi. All’interno di Telecom, insomma, c’era chi poteva spiare i numeri chiamati dai clienti senza lasciare traccia. L’audit è firmato dal responsabile del controllo interno, Fabio Ghioni. Ghioni era il vice della security, quindi, vice di Tavaroli prima e di Bracco poi. Ghioni, successivamente, finirà in carcere con l’accusa di aver capeggiato il cosiddetto “Tiger Team”, dedito a spionaggio e controspionaggio (il tiger team è un gruppo di specialisti della security. A differenza degli altri "addetti alla sicurezza", il tiger team è quello che può accedere a tutte le aree dell'azienda, in tutte le sedi e a tutti i sistemi).

Successivamente si apprende che la procedura che permette di introdursi indisturbati nella banca dati del traffico telefonico ha due nomi: Circe e Radar, il primo dedicato alla magistratura e il secondo all'antifrode. Sistemi particolari poiché consentivano l'accesso incontrollato a dati riservati. Nomi che vengono accompagnati anche da quelli di altri sofisticati cervelloni in grado di svolgere lo stesso lavoro, quali il famoso S2OC.La Telecom stessa a questo punto sporge regolare denuncia, senza tuttavia fornire indicazioni su chi abbia potuto farne utilizzo.Di questa denuncia rende conto il settimanale “L’Espresso” che indica in Adamo Bove (capo sicurezza TIM) la persona che ha deciso di fare piena luce sulla vicenda vuotando il sacco di fronte ai Magistrati.

Ma chi era Adamo Bove? Difficile rispondere a questa domanda, di sicuro si può dire che era un ex dirigente della DIGOS che, nel 1998, aveva deciso di mettere la propria esperienza a disposizione di aziende private.Per comprendere a fondo il rischioso lavoro che questa persona svolgeva è illuminante un episodio: Bove (che gestiva il contratto coperto da segreto di Stato sui cellulari Telecom del Sismi) nell'aprile 2006, dietro regolare richiesta della Magistratura, fornisce alla Digos di Milano i numeri telefonici riservati di Mancini e degli altri funzionari del servizio, indagati per il caso del sequestro Abu Omar (gli sviluppi di questa inchiesta condurranno Mancini in carcere).Ormai, la partita è pericolosissima e Bove viene indicato come il responsabile dello spionaggio. Notizia poi ripresa da alcuni quotidiani come Il Sole24Ore che, il 10 giugno, parla di Bove come del Dominus della rete spionistica.

A detta di familiari e amici, da quel momento, Bove si sarebbe sentito vittima di un raggiro nel quale avrebbe dovuto fungere da “agnello sacrificale” per la salvaguardia di qualcuno più potente di lui.Il 21 luglio 2006 Adamo Bove muore, precipitando da un viadotto della tangenziale di Napoli.


(continua…)



Indice articoli:
Dossier Telecom/1 - Le intercettazioni illegali
Dossier Telecom/2: la ragnatela che tutto avvolge

Il comico Tordelli alla DS


Mi dicono che alla DS di ieri ci fosse il solito comico, tal Tordelli (di nome e di fatto)

Mi dicono che Tordelli ed un altro comico (pure lui INTERcettista, tal Collovati) si siano messi a discettare amabilmente, con la Ferrari (non il catorcio rosso di Lucky Luke, la conduttrice) sul distacco dei rossoneri dalla vetta

Collovati: "Il Milan è a -18 dall'Inter" (in realtà è a -19, però non si può pretendere che un comico, per di più INTERcettista sia così preciso)

Ferrari: "al Milan mancano 2 partite (Atalanta e Reggina) e i punti potrebbero essere solo 12" (va beh, non fate i peluovisti; è vero, sarebbero 13 e non 12; ma non si può pretendere che una giornalista sportiva della Rai sia così precisa)

Tordelli: "Sì, ma potrebbero anche essere 24"


Quindi, per il comico Tordelli:

- se il Milan vince le due partite con Atalanta e Reggina va a meno 12 (in realtà, a meno 13) dagli INTERcettatori;

- ma se le perde, piomba a meno 24...


Non c'è da stupirsi che il comico Tordelli fosse stato nominato nel CdA della Juve, assieme all'ex direttore generale di Benissimo Neonato ed al tennista Rien ne va plus...

La barzelletta del giorno

Ieri ero allo stadio, a vedere Juve-Atalanta.

I tifosi della Scirea Nord hanno urlato ripetutamente "Gabriele uno di noi" (tra un coro contro la polizia ed un coro contro i carabineri).

Ma....

Gabriele Sandri non faceva parte di un gruppetto di teppisti?
E quei teppisti non aveva assalito un gruppo di tifosi juventini che per caso si erano trovati al medesimo autogrill?

Roba da matti

Lapo pigliatutto




Secondo Lapo Elkann la Juventus guidata da Claudio Ranieri, nella stagione in corso, non dovrebbe porsi limiti ma provare a puntare alla conquista di tutti gli obiettivi.
"Non sarebbe male vincere anche la Coppa Italia - ha detto il rampollo di casa Agnelli -. La priorità certo resta però legata al campionato... vincere lo scudetto. Sono andato a vedere Milan-Juventus, a San Siro, e sono molto contento di come hanno giocato i ragazzi".


Lapo pigliatutto?
Dove?

Lapo chi?
Ah, ecco

giovedì 6 dicembre 2007

Tutte le palle vengono a galla


CALCIO, C1: ACCOLTO RICORSO, AREZZO RITROVA 3 PUNTI

La Corte di giustizia federale ha accolto il ricorso dell'Arezzo (C1) e ha annullato le decisioni della disciplinare. Tolto l'anno di inibizione al presidente Piero Mancini, la penalizzazione di tre punti e l'ammenda di 15 mila euro. Le sanzioni erano scattate perché l'Arezzo aveva fatto ricorso al Tar del Lazio contro contro la decisione con cui era stato penalizzato di 6 punti per i presunti illeciti di Calciopoli.


Ohibò. Trasecolo.

Ma, non ci avevano detto...

Si, ci avevano proprio detto che con il ricorso al TAR la Juve sarebbe stata ulteriormente penalizzata dalla giustizia sportiva.


Ma non ci avevano detto...

Si, ci avevano detto che il ricorso alla giustizia ordinaria da parte di una squadra italiana avrebbe fatto girare i cob... emh le pelotas ai parucconi di Eufa e Fifa, con conseguente esclusione di tutto il calcio italiano dalle coppe europee.


Ebbene, ci avevano raccontato un sacco di palle.

Ce le hanno raccontate i giornalisti.

Ce le hanno raccontate (cosa ancor più grave) i Birigenti.


Un bel VAFFANCULO generale qui ci vuole proprio.

martedì 4 dicembre 2007

Abbiamo informato l'informazione

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Questa lettera è stata spedita via mail dallo Ju29ro Team ad oltre 120 indirizzi mail: a tutti i giornali, compresi quelli locali, e a singoli giornalisti tra i più noti (compresi i vice-direttori della Gazzetta, Mannoni, direttori di RaiSport, TG3, ecc).
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Gentilissimi Signori,

nei giorni passati si è potuto leggere su 2 articoli che il Super Procuratore Palazzi potrebbe deferire Inter e Milan per violazione dell’articolo 1 del Codice di Giustizia Sportiva.

In merito al gravissimo reato di falso in bilancio attribuito dalla Procura di Milano all’Inter, si fa rilevare che se avvenisse quanto previsto nei suddetti articoli si tratterebbe di uno scandalo che ci auguriamo non veda l’approvazione complice dei media, visto che “è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e della buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte e riparati gli eventuali errori.” (Carta dei Doveri del Giornalista – Premessa).

Lamentiamo che a tutt’oggi il silenzio dei media, salvo qualche rara eccezione, sta avallando un campionato irregolare visto che, come scrive Moretti su Tuttosport del 21 giugno, “ci sono indagini che possono portare a deferimenti e processi sportivi che possono influenzare la classifica di A e B in piena stagione”.

Secondo la richiesta di rinvio a giudizio del pm Nocerino, della Procura di Milano, l’Inter non avrebbe potuto iscriversi al campionato della stagione 2005-06, conclusa al terzo posto, senza ricorrere al falso in bilancio (con allegato parere della Covisoc). Nella motivazione il pm scrive, a proposito dell’Inter: "L'equilibrio finanziario sarebbe saltato se la società avesse evidenziato le perdite connesse alle plusvalenze fittizie e l'Inter non avrebbe superato i parametri chiesti dalla Covisoc per l'iscrizione al campionato 2005-2006".

Vista la disattenzione di molti ci permettiamo di segnalarVi che nel Codice di Giustizia Sportiva esiste l’articolo 7 comma 3 che recita:

Art. 7
Violazioni in materia gestionale ed economica
3. La società che, mediante falsificazione dei propri documenti contabili o amministrativi, tenta di ottenere od ottenga l'iscrizione ad un campionato a cui non avrebbe potuto essere ammessa sulla base delle disposizioni federali vigenti al momento del fatto, è punita con una delle sanzioni previste dall’art. 13, lettere f), g), h) e i)

Questa, descritta dall’art. 7 comma 3, e non altra (art. 1), è la fattispecie di reato contestata dal pm milanese all’Inter e, per la precisione, non al Milan.
Tenetene conto e datene conto ai lettori/telespettatori quando tratterete il “caso” e se il Procuratore Palazzi dovesse decidere di procedere con deferimento, per l’Inter, diverso dalla violazione dell’Art. 7 comma 3.

La scorsa estate è stato assegnato all’Inter uno scudetto proprio per la stagione nella quale non aveva i requisiti per iscriversi, mentre questa estate non si è celebrato il proceso sportivo, pur avendo il Dr. Borrelli risposto all’Associazione GiulemanidallaJuve che “gli atti sono stati trasmessi alla Procura Federale in data 7 giugno 2007 con il corredo della documentazione fornita dalla Procura della Repubblica di Milano”.
Si poteva e doveva fare il processo sportivo prima dell’inizio del campionato per garantirne la regolarità.

“Il rapporto di fiducia tra gli organi d'informazione e i cittadini è la base del lavoro di ogni giornalista”: non tradite la Vostra Carta dandoci un’informazione lacunosa.

Sentiamo l’obbligo di renderVi noto che il presente messaggio sarà diffuso in internet su un pool di siti di tifosi e che future distorsioni della verità saranno segnalate con esposti al Vostro Ordine.

Grazie e cordiali saluti.


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Nota: Ricordiamo che la irregolarità dei bilanci, il famoso doping amministrativo, è stata ritenuta da molti osservatori il vero "cancro" del nostro sitema calcio, tant'è che nel 2003 il governo era dovuto intervenire col famoso provvedimento "salva-calcio" bocciato in sede europea.
Sul caso che riguarda l'Inter ricordiamo alcune dichiarazioni dei mesi scorsi:
Victor Uckmar, ex presidente della Covisoc: “Per questo caso potrebbero essere presi provvedimenti gravi".
L’avvocato Mattia Grassani (diritto sportivo): “L’illecito amministrativo è un reato gravissimo. Dopo la corruzione di un arbitro, nella scala di gravità c'è un bilancio falso per iscriversi al campionato al quale non si ha diritto".

Il tribunale di Napoli convoca Titti, Topolino, Paperino e Paperina


Il testimone Topolino? «È pregato di comparire innanzi al Tribunale il 7 dicembre». E non da solo: perché anche «i signori Titti, Paperino, Paperina» sono attesi «davanti al giudice monocratico» per deporre «quali testi nel procedimento penale 6342/05».


Il timbro parla chiaro: «Io ufficiale giudiziario, richiesto come in atti, ho per ogni legale effetto notificato l'atto che precede a: Titti, Paperina, Paperino, Topolino».

La «relazione di notifica», che la cartolina dell'Ufficio notifiche atti giudiziari di Milano attesta appunto essere stata fatta pervenire al supposto domicilio legale dei fumetti, conferma: non è uno scherzo della giustizia. Ma la bizzarra esecuzione di un teorico adempimento, richiesto effettivamente dalla Procura di Napoli: la citazione proprio di questi quattro testimoni da parte del pm all'udienza in programma venerdì, in un processo partenopeo a un cinese accusato di aver contraffatto gadget con le immagini dei personaggi dei cartoni.


«Mediante consegna di copia a mani dell'ufficiale giudiziario», la notifica plana (come e anche meglio che in un cartone animato) nello studio legale di Milano che di solito patrocina Warner Bros e Walt Disney nei processi per contraffazione.


Improbabile, però, che Paperino e Topolino si presentino a testimoniare. Pare siano già impegnati con i bambini di mezzo mondo sotto Natale.

«Legittimo impedimento».

Zambrotta, fedele lettore della Cazzetta dello Sport


Gianluca Zambrotta: «Dopo Moggiopoli avevo una gran voglia di lasciare il calcio italiano, volevo staccare ma ero molto combattuto. Poi all’improvviso non è più stata una scelta mia ma dovevo andar via per forza. Un dirigente della Juventus chiamò me e Thuram e ci disse che dovevamo scegliere il Barcellona. Io avevo richieste anche dal Chelsea, dal Real e dal Milan. Ma il Barcellona mi andava bene, aveva vinto la Champions, era in corsa per sette trofei, ero sicuro fosse la destinazione migliore».

Il partito della decadenza. Un establishment piccolo piccolo


E' uscito un bel libro, dedicato a Lucky Luke e ai suoi compagni di merende.


Il partito della decadenza, di Lodovico Festa


Luigi Abete e Diego Della Valle. Marco Tronchetti Provera e Paolo Mieli. Oltre, naturalmente, alla star Luca Cordero Di Montezemolo. Con, sullo sfondo, il mondo Fiat e Capitalia. In rapporto-scontro con Giovanni Bazoli. Questi i nomi e cognomi, indicati da Lodovico Festa, nel suo ultimo libro "Il partito della decadenza", dei protagonisti di quello che l'autore chiama "il piccolo establishment", che sta condizionando non poco le vicende economiche, sociali e politiche italiane.

Fondatore, con Giuliano Ferrara, de Il Foglio, Festa è editorialista di diverse testate, quali Il Giornale, Tempi, Finanza e Mercati e Il Valore. Festa è soprattutto un pensatore libero e che, in un mondo paludato, conservatore, convenzionale e timido qual è la stampa economica italiana, non teme di criticare quelli che è possibile ancora definire i poteri forti (anche se qualcuno, visto il loro declino, li chiama ormai "poteri fortini"): Fiat e dintorni, le grandi banche, i santuari della finanza. Prendendo spunto dall'ultimo libro di Lodovico, abbiamo fatto con lui una chiacchierata sugli equilibri di potere in Italia.

Sulla copertina del tuo libro, proprio sotto il titolo "Il partito della decadenza", c'è un'immagine di Montezemolo. Allora è proprio Lcdm (come lo indicano alcuni commentatori, dalle iniziali del nome e cognome), il simbolo del nostro declino?
«Si, perchè insieme ai suoi amici, subordina gli interessi fondamentali del Paese ad alcuni interessi particolari».


Quali?
«Il gruppo di cui Montezemolo fa parte, non si cura delle esigenze vere dell'Italia, diciamo, in senso lato, la modernizzazione del Paese. Così, quando nel 2005, in vista delle elezioni si accorda con Romano Prodi, lo fa come espressione di un blocco di potere che ha a cuore –non solo, ma in particolare- la Fiat».

Non mi sembra una novità assoluta. Dal dopoguerra in poi, l'economia italiana è sempre stata condizionata da élite. Che hanno spesso avuto tra le priorità la salvaguardia del gruppo torinese. Anzi, è stato talmente stretto il legame tra lo sviluppo del nostro sistema economico e quello degli Agnelli, che qualche economista un po' eretico si è posto la domanda: "L'Italia è diventata uno dei paesi più industrializzati del mondo anche grazie alla Fiat, o nonostante la Fiat?". E c'era chi sosteneva che era l'asse Torino (Fiat)-Milano (Piazzetta Filodrammatici, non ancora Piazzetta Cuccia)- Trieste (le Generali), a dettare l'agenda economica del paese.
«In verità, il vecchio establishment, pur compiendo errori, era riuscito a tenere insieme il paese. Certo, aiutato in questo dalla situazione internazionale bloccata dalla Guerra fredda. Con la caduta del muro e la globalizzazione, la situazione si è ribaltata».

Cuccia & Co avevano però una visione giacobina, da club dei migliori. In base alla quale "le azioni non si contano ma si pesano", come pare abbia sentenziato il "signore" di Mediobanca. E il peso giusto era quello degli amici dei famigerati salotti buoni. Non mi dissocio perciò da chi sostiene che l'asse TO-Mi-TS bloccava un salutare ricambio dei vertici della classe dirigente, con il risultato di rendere l'Italia un paese privo di vera concorrenza interna.
«Come ho scritto, le caratteristiche del nostro dopoguerra avevano prodotto il tipo di establishment –finanziario, editoriale, grande industriale, universitario- che conosciamo: abbastanza chiuso, tendenzialmente consociativo, conservatore negli obiettivi. Certo, in una società moderna, il valore d'un establishment consiste non solo nella sua capacità di vigilare autorevolmente sulla discussione della comunità nazionale perchè non travalichi gli interessi del paese, ma pure nella sua funzione di promuovere una vera competizione tra le idee, le posizioni e le soluzioni. In fondo, Enrico Cuccia aveva tentato un'apertura, ma è stato contrastato e il suo erede fatto fuori».


L'alta classe dirigente che per decenni si identificava con lui aveva rispetto a quella attuale ben altra grandezza. E passiamo a questo establishment piccolo piccolo.

«E' rimasto un establishment sempre più ristretto e inefficace, che non si pone la questione di garantire con la sua autorevolezza le aperture della società italiana. Anzi, usa il poco fascino che gli resta per conservare e accumulare più potere possibile, o almeno per mantenere le posizioni».


I nomi cui ti riferisci, li abbiamo già fatti all'inizio: Montezemolo, e soci. è una teoria condivisa da altri giornalisti attenti. Angela Maria Scullica, direttore di BancaFinanza, in un servizio intitolato "Diego Della Valle, il braccio armato di Montezemolo", scrive: "se si parte da Della Valle si arriva inevitabilmente alla definizione di un gruppo eterogeneo, formato da industriali, giornalisti, banchieri e politici, che oggi (ndr: era il gennaio 2005) si sta muovendo con determinazione per affermare interessi e valori e acquistare potere sulla scena economica e politica italiana, che vede in Montezemolo il suo uomo di punta. Ne fanno parte tra gli altri, Enrico Mentana, Carlo Rossella, Ezio Mauro, Marco Leonelli e Maurizio Beretta, con i quali sin dal 1994 Luca e Diego diedero vita in Germania al "Club di Berlino". Nel tempo il gruppo di amiconi si ingrandì con Luigi Abete, Paolo Panerai, il sindaco di Firenze Leonardo Domenici e altri ancora". Insomma c'è una certa sovrapposizione di nomi tra i "ragazzi di Berlino" e i tuoi piccoli establisher. Ma li consideri piccoli soltanto perchè tengono conto di interessi di parte e non di interessi nazionali?

«Questo è senz'altro il motivo principale. Come ho detto, il piccolo establishment si è posto come obiettivi il risanamento Fiat e alcune operazioni quali le fusioni bancarie avviate da Intesa e Unicredit. Tuttavia lo considero un establishment piccolo anche per il profilo dei suoi protagonisti: nonostante alcuni siano di valore, restano comunque piccoli rispetto ai registi del passato, quali Enrico Cuccia e Gianni Agnelli. Questo establishment poi, è particolarmente deleterio, e tende a impedire l'evoluzione della società. Pensiamo anche alla vicenda di due estati fa quando sembrava che si profilasse una collaborazione tra Carlo De Benedetti e Silvio Berlusconi, con la comune partecipazione a un fondo di private equity. Bene, il piccolo establishment si oppose con vigore a questa prospettiva. E il quotidiano di Mieli fu tra i più accaniti oppositori. Giovanni Sartori scrisse sul Corriere che "Non è vero che pecunia non olet. A volte il denaro puzza. E quello di Berlusconi per De Benedetti dovrebbe strapuzzare». Mentre il vicedirettore Dario Di Vico appare compiaciuto quando Arturo Parisi in un'intervista condanna il possibile accordo tra Silvio e Carlo evocando la questione morale e sostenendo: "come si può dire che l'alleanza appaia confinata al solo mondo e alla sola logica degli affari?"»


A proposito di Berlusconi, come mai non è mai entrato nell'establishment, nè nel grande nè nel piccolo?

«I motivi sono complessi. Inclusa una motivazione psicologica, quale una sorta di complesso d'inferiorità da parte del figlio di un funzionario bancario lombardo nei confronti delle grandi banche. Poi c'è l'incompatibilità con l'istinto liberista che Berlusconi a volte dimostra di avere. E infine c'è il fastidio da parte dell'establishment ad allargare il circolo del potere».


La necessità di superare la chiusura delle élite la sottolinei bene quando scrivi che occorre "sostenere quella sorta di rivoluzione borghese che si è innescata negli anni '90. Al centro di questa rivoluzione c'è la rivendicazione orgogliosa del proprio lavoro, con conseguente richiesta di ritirata da parte dello Stato. Su questo sentimento, sulle parole d'ordine che ne derivano, si sono messi insieme dal grande indistriale estraneo al piccolo establishment al bottegaio, all'operaio del Nord-est che in più d'un caso si appresta a diventare imprenditore. Temi e parole d'ordine che in qualche modo hanno ispirato il berlusconismo e sul versante sindacale la Confindustria damatiana". Ma perchè la nostra borghesia ha tardato tanto a cercare una riscossa, lasciando di fatto, con la sua debolezza "politica" il pallino nelle mani dei vari establishment?

«Il discorso parte da lontano, dall'unità d'Italia, fatta non da un movimento borghese, ma dall'aristocrazia piemontese. Insomma l'Italia è costruita dall'alto, non nasce da rivoluzioni come l'Inghilterra e la Francia. Oltretutto, con il Non expedit proclamato da Pio IX nel 1874, la borghesia si spacca tra laici e cattolici, con questi ultimi esortati dal Papa a non partecipare alla vita politica. Negli anni Venti poi, la borghesia si schiera col fascismo e nel dopoguerra sconta questo suo peccato delegando di fatto alla Chiesa e alla DC il compito di reggere lo Stato. E appunto solo dopo la fine della Guerra civile europea, durata dal '14 alla caduta del Muro, che la borghesia tenta di assumere un ruolo politico. Il che si traduce pure con l'affermazione della Lega e del berlusconismo».


Ma c'è speranza di uscire dalle logiche del piccolo establishment?

«Segnali positivi non mancano. Due protagonisti di questi ultimi anni come Sergio Marchionne e Alessandro Profumo sembrano ragionare in una logica più manageriale che di conservazione di potere».


Ma torniamo a Montezemolo, per te emblema della decadenza italiana. Non si può negare che con il grande Gianni Agnelli la Fiat ha via via perso competitività e quote di mercato, mentre la presidenza Lcdm –sia pure non strettamente operativa-ha coinciso con un quasi miracoloso rilancio del Lingotto.

«Il suo ruolo è stato in realtà solo quello del comunicatore. Che è nelle sue corde».


Sarà pure un comunicatore. Però dopo i suoi successi giovanili con la Ferrari di Lauda, nonostante una stampa nel complesso indulgente, che ha chiuso un occhio sui suoi non rari incidenti professionali, la sua immagine non era certo quella di un manager di grande spessore. Più che altro, complice anche il suo lungo legame con la regina dell'erotismo all'italiana, Edwige Fenech, Lcdm era diventato un personaggio "leggero", tanto da meritarsi il nomignolo di "Libera e bella", per il suo vezzo di sistemarsi i capelli. Con la presidenza della Ferrari supervincente via via l'immagine di Lcdm s'è rafforzata. E la sua presidenza di Confindustria è criticabile, ma appare forte.

«Di fonte a compiti complicati Montezemolo è obiettivamente un disastro. Oggi gestisce la Confindustria male. Ha però il supporto di personaggi solidi quali Innocenzo Cipolletta, Mieli, Abete e Della Valle. Di cui ho però un giudizio pessimo per le linee che hanno contribuito a far assumere a Confindustria ».


Almeno non negherai che è stato capace di crearsi una bella squadra?

«E' più corretto dire che è lui l'espressione di una bella squadra».


Ma perchè gli Agnelli lo hanno sempre protetto e appoggiato, trattandolo da enfant gate cui si perdona tutto?

«Diciamo che l'Avvocato indulgeva a un certo istinto feudale».