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martedì 30 ottobre 2007

Cara Juve, stai allegra. Se piangi dai fastidio


(Bonarober per www.juworld.net)
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Piero Valesio

Tuttosport - 29 ottobre 2007

Sempre allegri bisogna stare che il troppo piangere fa male al re. Anche al ricco e al cardi­nale, se è per questo. Ma la do­manda è: chi è il re? Chi è che si turba e viene colto da vam­pate di cattivo umore se qual­cuno osa sostenere che i due ri­gori concessi da Bergonzi sa­bato sera al San Paolo sono stato un perfetto esempio di an­ticalcio e hanno completamen­te falsato l’esito del match? Ci deve essere, questo re. E deve es­sere in buoni rapporti con Mas­simo Mauro. Il quale è stato il più convinto, durante il dopo­partita di Napo­li-Juve andato in onda su Sky, nel ribattere al­la furiose parole di sdegno pro­nunciate da quel noto pole­mista che ri­sponde al co­gnome di Cobol­li Gigli. Il presi­dente biancone­ro aveva osato lasciarsi andare ad affermazioni pesanti del tipo: speriamo che qualcuno nel Palazzo abbia visto cosa è suc­cesso in campo. Il commentato­re di Sky non ha gradito: come osa il responsa­bile di un’azien­da sportiva sot­tolineare che è stato danneggiato sul campo? Erano lacrimucce, non un vero pianto come nella canzone di Jannacci e Fo: ma Mauro si è inalberato lo stesso. Che sia forse perché la Juve non ha l’u­mile diritto di sottolineare, tra l’altro con un atteggiamento low profile, molto subalpino, che quello che era successo era al limite del comprensibile? Forse il re senza volto ma con corona aveva già iniziato a stranirsi? Fabio Caressa e Bep­pe Bergomi, in sede di telecro­naca, avevano offerto una pre­gevolissima esibizione di sere­nità di commento («Serata ne­rissima dell’arbitro Bergonzi» ha detto il Caressa dopo il se­condo rigore farlocco: compli­menti) cercando, come si deve fare in questi casi, di sottoli­neare ciò che è giusto senza per questo indispettire le tifoserie dei vincitori. A maggior ragio­ne l’inalberarsi di Mauro è parso fuori luogo.Tutto sommato ha stupito me­no, poco dopo su Rai 2, che un altro ex giocatore abbia messo in scena una sua personalissi­ma (e rispettabile, figuriamoci) visione della realtà sostenendo con una certa pervicacia che il secondo rigore, quello scaturito dal scambio di sguardi fra Buffon e Zalayeta, era in realtà un rigore che andava concesso. Qui l’ottimo Co­bolli, con quel volto che pare sempre così estraneo ai livo­ri e alle urla del grande (anzi: grosso) carroz­zone calcistico, ha tirato fuori a sua volta la sua indole da palco­scenico ed ha ri­sposto: «Sì, Mazzola». Una frase breve che è parsa degna, per efficacia, di certi assensi ci­nematografici di Totò o meglio, viste le origini, di Macario. «Sì, Mazzola» dice­va Cobolli: e mai espressione fu più efficace. E chissà che a qualcun altro non sia venuto in mente cosa successe in tv molti molti anni fa quando un certo Iuliano Mark intervenne su un certo Ronaldo che, in quell’epoca an­cestrale, gestiva a una maglia a strisce nerazzurre verticali: l’urlo di dolore di coloro i qua­li non portavano (allora) l’er­mellino regale a causa del pre­sunto torto subito occupò i me­dia per settimane se non per mesi, coinvolgendo la vita so­ciale e politica italiana ai mas­simi livelli. Stavolta si ha come la sensazione che non succe­derà. Il che certamente sarà un bene visto che il low profile del­la dirigenza juventina certo non chiede che s’inneschino in­terminabili processi televisivi. Ma resta un dubbio: fra il pre­sunto re della prima repubbli­ca calcistica e il supposto re della seconda chi è il più po­tente?


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