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giovedì 20 dicembre 2007

Caro Luciano, fatti frate

Le ultime intercettazioni telefoniche a Moggi - come le prime, del resto - sono molto utili per capire una cosa: che sono inutili e non dimostrano altro che in Italia si gettano nella pattumiera pacchi di soldi per origliare privatissime conversazioni penalmente irrilevanti. Siamo di fronte a un fenomeno da baraccone. Una schiera di persone pagate dallo Stato si occupa senza costrutto di legittimi affari altrui. Calciopoli, come ha detto Berlusconi, è stata una frescaccia. Ma ha attecchito grazie al tifo-letame di cui è lordo il mondo del pallone. Moggi è odiato dagli interisti perché era alla Juve che vinceva di brutto. Fosse stato all'Inter sarebbe odiato a sangue dagli juventini. Gran parte del popolo delle curve e delle gradinate non ragiona; e vede storto attraverso i colori sociali della squadra per la quale tiene. Non c'è speranza di ricondurre Calciopoli nel suo alveo, quello della buffonata. Gli arbitri sbagliano oggi quanto allora, ma nessuno grida più allo scandalo. Già. L'importante è continuare a colpire il capro espiatorio: Moggi non dovrebbe neppure telefonare a gente che conosce da anni e con la quale ha lavorato. Gli consigliamo di farsi frate, anzi suora. Solo così sarebbe lasciato in pace. Lo accusano anche di avere rapporti telefonici con Libero. Che scoperte del menga. Ovvio che parli col giornale di cui è collaboratore e che detti ai nostri redattori i suoi pezzi. Cosa dovrebbe fare, inviarci gli articoli mediante piccioni viaggiatori? È una storia sempre più paradossale. Inoltre lo accusano di dare delle dritte tecniche a chi gliele chiede. Per esempio all'Ascoli, al Torino. E chi glielo vieta? Stiamo precipitando nel ridicolo e non ce ne accorgiamo. Moggi non è stato condannato da alcun tribunale, è un cittadino innocente fino a prova contraria. Eppure nessuno se ne rende conto. Il Paese è pieno di garantisti a orologeria, però se c'è di mezzo Luciano la suoneria si inceppa, e si leva subito un coro: crocifiggetelo. Questo doppiopesismo è uno schifo che ci fa disonore. Chissà perché le intercettazioni e la loro pubblicazione vengono condannate senza riserve, sempre, tranne se riguardano l'ex direttore della Juventus. Non un politico, non un giornalista, non un frequentatore del bar sport hanno fiatato per difendere quest'uomo incensurato. Perché Moggi è in disgrazia e non è popolare tutelare i suoi diritti. Quando era in piedi tutti facevano a gara per leccargli le scarpe; ora che è caduto, dopo accuse mai provate, gli sputano addosso. Qualcuno dovrebbe vergognarsi.
Vittorio Feltri

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