L'ex direttore generale di Benissimo Neonato si è confessato al Corriere dello Sport.
Ecco alcune perle tratte dall'INTERvista pubblicata il 7 dicembre.
Si guardi alle spalle, presidente, e ripercorra i diciotto mesi di presidenza Juve. Cosa pensa?
«Penso che ce l'abbiamo fatta. A posteriori abbiamo tutti analizzato che non era affatto semplice accettare la B - e il direttore Vocalelli ricorderà quanto ne abbiamo parlato anche con lui e risalire subito da quel campionato alla serie A. Abbiamo ricoagulato una squadra e mantenuto i nostri grandi campioni - quelli che io chiamo i grandi fedeli - innestando su questi altri giocatori importanti e i giovani, che saranno sempre più il nostro futuro».
Il popolo bianconero è molto esteso: avete ereditato anche questo grande patrimonio prendendo il timone societario della Juventus. Come avete visto cambiare la gente durante questo anno e mezzo? Quanti vi hanno seguito, quanti si sono rivelati critici o addirittura nostalgici?
«Quando con Blanc ereditai la Juve ci siamo subito resi conto che prendevamo in mano una struttura forte. Alcuni dipendenti non avevano neanche metabolizzato la B. Abbiamo superato tante difficoltà, non solo a livello sportivo, ci sono state situazioni che ci hanno colpito molto anche a livello umano. Il 29 giugno dell'anno scorso sono diventato presidente e il primo luglio sono sceso nel mezzo di una manifestazione spontanea di tifosi che finiva sotto la sede: erano decine di migliaia di persone che non avevano capito cosa stesse accadendo. C'era una sete di colpevolismo forte nei nostri confronti. Anche il commissario straordinario Rossi aveva quasi espresso sentenze prima che cominciasse il processo sportivo. Abbiamo deciso di prendere la B, ricordo bene le molte telefonate, anche con il direttore Vocalelli: insomma abbiamo capito, anche grazie a chi ci è stato vicino, che ogni tanto bisogna mandare giù un calice. Ci hanno tolto due scudetti. Eravamo titubanti noi, figuriamoci i tifosi: resta il fatto che per tutto il popolo juventino, noi compresi, nel cuore gli scudetti sono 29, legalmente sono due di meno».
Oggi che clima si respira tra i tifosi?
«Tutto quello che abbiamo da allora ce lo siamo meritato e i tifosi sono più concentrati sulla squadra. A Torino giro spesso, non sapete che piacere mi danno i giovani che sono solidali e mi dicono: andate avanti così. Tra quelli di mezza età c'è comprensione ma magari non sempre condivisione completa. Sono i vecchi juventini quelli più rancorosi: ti dicono di andare al Tar, al Tas e non so dove. Per me quello della B è un capitolo archiviato in 110 anni di gloria».
Ci parli di Ranieri.
«Siamo molto contenti. E siamo stati fortunati a trovare uno così dopo Deschamps. Lui si definiva già in Inghilterra il pensatore: perché modellava la sua squadra sulle caratteristiche delle avversarie. Per esempio il tridente con la Roma per noi fu una sorpresa: una graditissima sorpresa».
Lippi e la Juve potranno rincontrarsi?
«Non è un più un mistero che lo cercammo una volta perso Deschamps. Non era il momento giusto. Lippi è un grandissimo tecnico, ma è ormai chiaro che abbiamo preso strade diverse. Ranieri è nel nostro progetto e Ranieri vuol dire tutto un suo staff qualificato».
Andiamo al campionato. Gli arbitri non sono stati teneri con la Juve...
«Sono successi fatti oggettivi. E io, che per carattere non sono un mite ma amo i rapporti sereni, dopo Napoli ho dovuto parlare. L’ho fatto avendo trovato un presidente signore, De Laurentiis , che davanti a tutti mi ha dato la mano e si è scusato, quando lui di cosa doveva scusarsi? Non credo ad una volontà precisa. Credo che dovendo decidere velocemente negli arbitri sia passato l’involontario pregiudizio di decidere contro la Juve che in passato era stato spesso agevolata. E poi io questo neanche so se è vero. Comunque andiamo avanti. Perché è giusto dire le cose, ma è inutile lamentarsi a lungo».
A proposito di Inter, ci dice cosa rappresenta per lei oggi Ibrahimovic. Magari un rimpianto su cui un giorno provare a tornare?
«Ibrahimovic ho fatto di tutto per non farlo andare via e questo lo ricordo in maniera molto distinta. Ricordo una notte con me, Blanc, il ds Secco, il giocatore e il suo procuratore, abbiamo fatto tutto il possibile ma lui voleva andare via. Può esserci un rimpianto sportivo, ma il capitolo è chiuso».
Nelle fortune nerazzurre Zlatan sembra molto decisivo. Avete provato, siete stati tentati dall'idea di darlo all'estero per non rivederlo da avversario in Italia?
«Non sono un tifoso dell'Inter, ma a malincuore devo dire che Ibrahimovic gioca molto bene e per loro è davvero importante. Posso dire che la società nerazzurra è in assoluto quella che ci ha fatto l'offerta migliore. E lo abbiamo dato a loro, perché avevamo capito che Ibra voleva andarsene, era molto determinato in questo senso».
Prima abbiamo affrontato il discorso degli arbitri. A capo della struttura arbitrale c'è Pierluigi Collina che per i tifosi juventini non evoca proprio dolci pensieri...
«Da tifoso juventino quando penso a Collina penso ad una giornata in cui pioveva talmente tanto che probabilmente non si sarebbe dovuto giocare. Da presidente dico che era giusto mettere un professionista a capo di una classe arbitrale giovane: Collina merita fiducia e gli arbitri vanno lasciati tranquilli».
Ogni tanto si insinua il dubbio che la famiglia Agnelli possa staccarsi dalle vicende della Juve. È verità o c’è un po’ di favola dentro questa ipotesi?
«Rispondo che nulla è impossibile, ma mi pare altamente improbabile. John Elkann è venuto di recente, abbiamo chiacchierato della Juve, partecipava con entusiasmo a discorsi e progetti. La Juve è un investimento importante per la famiglia Agnelli. Certo, deve funzionare: e questo dipende da Blanc e da me».
Passiamo al mercato. A giugno è lecito aspettarsi un grande colpo? Un Ronaldinho, tanto per individuare il target?
«I super campioni non sono esattamente i giocatori che cerca la Juve: quel che conta è inserirsi nel progetto. Noi rinforziamo la struttura della squadra facendo un discorso di ragnatela, di maglia. Non è detto che tutti i top player sappiano inserirsi».
Ma lei ricorda quando l'Avvocato chiamava e diceva...ho comprato Platini?
«Come no. Ma di Avvocato ce ne è stato uno, come c'è stato anche un solo Dottore. I tempi sono cambiati».
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L'esperto di biberon e tettarelle ha sentito la necessità di ribadire più volte che è tifoso della Juventus, che non è tifoso dell'Inter, che fa parte del popolo juventino...
Non vi ricorda qualcuno?
Ma si. Proprio lui.
Il papà di Oceano. Colui che si è presentato a Villar Perosa indossando una maglia della Juve.
E non vi ricorda qualcun altro?
Ma si. Proprio lui.
Lo zio di Oceano. Colui che si è tatuato il simbolo della Juve sul braccio (probabilmente le chiappe erano ancora un po' doloranti...).
Avete mai visto l'Avvocato o il Dottore comportarsi così?
No, eh? Chissà come mai?!
L'esperto di pappette e pannolini ci fa comunque capire come l'amaro calice (per noi, non certo per lui ed il suo gemello) sia stato un gentile regalo di persone a lui vicine...
L'esperto di carrozzine e passeggini riesce poi ad auto-contraddirsi nella medesima risposta. prima dichiara che "la Juve è un investimento importante per la famiglia Agnelli". Poi aggiunge che la Juve "deve funzionare: e questo dipende da Blanc e da" lui. Ma se la Juve fosse davvero un investimento importante per la famiglia Elkann (che non è la famiglia Agnelli) non sarebbe certo stata affidata a dei Birigent similii!
Ma l'esperto di reflussi e colichette raggiunge l'apoteosi quando si mette a discettare di mercato. Prima, ammette che "i super campioni non sono esattamente i giocatori che cerca la Juve". Già, la Juve dei Birigenti preferisce i super bidoni (a caro prezzo, se possibile). Poi, la dichiarazione illuminante: "noi rinforziamo la struttura della squadra facendo un discorso di ragnatela, di maglia". Ecco, ragnatela è la parola chiave. Perché con questi Birigenti la nostra sala dei trofei sarà pian piano invasa da ragnatele e polvere.
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